Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2013 alle ore 06:41.

My24

Sale alle stelle la tensione nella penisola coreana. La Corea del Nord ha "formalmente" informato la Casa Bianca e il Pentagono di una potenziale azione nucleare. Lo hanno riportato agenzie americane citando la coreana Kcna, secondo la quale "nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea e se esploderà oggi o domani". La Casa Bianca ha risposto con la portavoce Caitlin Hayden, che chiede alla Corea del Nord di smetterla con le minacce "provocatorie" e di "conformarsi agli obblighi internazionali".

Poco prima il Pentagono aveva confermato la notizia del dispiegamento di un avanzato sistema di difesa anti missile nella sua base militare di Guam, in seguito alle minacce di Pyongyang. Una decisione, ha spiegato un comunicato del dipartimento americano della Difesa, presa come "mossa precauzionale per rafforzare le nostre postazioni di difesa regionale contro la minaccia di missili balistici nordcoreani".

Intanto si intensifica l'azione diplomatica per indurre la Cina a placare la situazione. Il ministro della Difesa Usa Chuck Hugel ha chiamato al telefono il collega cinese Chang Wanquan, mentre il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha invocato l'intervento di Pechino, dove si prepara a recarsi nei prossimi giorni. Sono due esempi di come la nuova leadership cinese sia sotto pressioni internazionali per esercitare in modo più visibile il ruolo di influente moderatore delle intemperanze nordcoreane al quale storia, geografia ed economia la chiamano.

Una voce che viene invocata da coloro che cominciano a spaventarsi per quella che appare più di una retorica bellicista e per una situazione sul campo che - tagliate le linee di comunicazione di emergenza tra le due parti militari - appare a rischio di degenerare anche involontariamente, per meri incidenti o incomprensioni. È un aspetto sottolineato, ad esempio, dal viceministro degli Esteri russo Igor Morgulov: «Non penso che nessuna delle parti stia deliberatamente cercando di scatenare un'azione militare, ma nell'attuale atmosfera surriscaldata un semplice errore umano o un problema tecnico potrebbero bastare a causare sviluppi incontrollati che farebbero precipitare la situazione a livelli critici». Un linguaggio simile è stato utilizzato in una intervista dall'ex capo del Pentagono Leon Panetta, secondo il quale Pyongyang rischia di fare una «miscalculation» in grado di portare facilmente a una escalation. Per ora Pechino ha ribadito la sua linea di sempre: un invito alle parti alla calma e a contenersi.

In questi giorni è emersa una notizia non inattesa: è stato sanzionato con una sospensione dal lavoro Deng Yuwen, vicedirettore di una rivista affiliata alla Scuola del Partito comunista cinese, che aveva scritto in febbraio sul Financial Times un articolo che violava un tabù. Deng si era permesso di osservare, da un palcoscenico internazionale come il quotidiano britannico, quello che sarebbe ovvio in qualsiasi contesto politico e in ogni Paese: nessuno ha interesse ad avere un Paese vicino - per di più notoriamente imprevedibile nel suo nazionalismo esasperato - che si doti di armamenti atomici, visto che queste armi potrebbero esser rivolte contro chiunque e in particolare contro tutti i vicini, senza esclusione (ossia Cina compresa). Da questa considerazione partiva l'invito alla leadership di Pechino di prendere spunto dal terzo esperimento nucleare per prepararsi a smettere di appoggiare la Corea del Nord, superando la vecchia concezione della necessità di uno Stato-cuscinetto il cui crollo potrebbe portare a una unificazione della penisola sotto l'egida di Seul e portare truppe americane ai confini (per evitare questo Mao mandò a morire un milione di cinesi nella guerra di Corea e rischiò la terza guerra mondiale). È ovvio che le chance di Pechino di esercitare efficaci pressioni politiche in un ruolo di mediazione diminuiscano se si diffonde la sensazione che possa abbandonare Pyongyang, mentre invia chiari segnali di malcontento non opponendosi alle nuove sanzioni dell'Onu. Visto che in alcuni ambienti diplomatici l'articolo di Deng era stato interpretato come il segnale di una possibile svolta, la punizione dell'articolista non è giunta come un fulmine a ciel sereno. Certo con Pyongyang Pechino condivide l'irritazione per l'upgrading della presenza militare americana alle soglie di casa sua.

Shopping24

Dai nostri archivi