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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2011 alle ore 13:59.

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«L'Antartide è uno dei pochi luoghi della terra dove l'uomo si avvicina ad avere il controllo del proprio destino. Dipende completamente dalle sue risorse personali. Deve portare con sé tutte le provviste e creare le condizioni per rendere possibile la vita. Unico termine di paragone sono i viaggi nello spazio, per i quali l'Antartide ha più di una lezione da offrire», osserva Huntford, che non perdona a Scott i tanti errori costati la vita a tutti i membri della sua spedizione.

«Vogliamo che il lavoro scientifico faccia della conquista del polo semplicemente uno tra i tanti risultati ottenuti», scrisse Wilson, direttore scientifico della spedizione inglese, al padre. E anche se Huntford lo mette in secondo piano, è questo che, al di là della retorica, nobilita la spedizione di Scott, la cui leggenda romantica, fatica a morire. La sua era una spedizione scientifica. Mirava, tra le altre cose, a rispondere a un quesito di geologia allora centrale: l'Antartide era un continente o un arcipelago? Aveva depositi fossili come gli altri continenti oppure no? La spedizione di Scott aiutò a rispondere a questa domanda, non solo attraverso i 16 chili di rocce raccolte lungo il cammino che appesantirono le loro slitte, ma anche con il giovane Hartley Ferrar, che dal campo base scavò sedimenti contenenti fossili che mostrarono il legame dell'Antartico con le altre terre emerse.

La ricerca è ancora protagonista della vita in Antartide, racconta Fen Montaigne, in "Il principe dell'Antartide", pagg.310, euro 18,50, appena uscito per Orme editori. Quella sulle forme di vita che sopravvivono in questi ambienti estremi e che portano a esclamare: «Straordinario! Tutto è intelligente» di pitagorica memoria, e prepotentemente quelle sul cambiamento climatico. Oggi, cento anni dopo l'arrivo dell'uomo, il polo non è più lo stesso, osserva Bill Fraser, biologo che ha passato 23 anni in Antartide: «Ciò che abbiamo davanti agli occhi è un intero ecosistema che sta cambiando. E non stiamo parlando di secoli, basteranno dai 30 ai 50 anni. Per me è una profezia del futuro che attende la maggior parte del pianeta. Tutti i luoghi sono destinati a cambiare volto».

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