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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2012 alle ore 11:33.

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Potrei andare avanti, ma ho reso l'idea. I casi di storie di vite infelici come questi sono troppo numerosi per poterli liquidare come un fenomeno marginale.

La campagna antiblasfemia e antiapostasia nel frattempo ha fatto progressi su un altro terreno ancora, quello della legge. Cinquantasette Paesi in tutto il mondo aderiscono all'Oci, l'Organizzazione della cooperazione islamica (già Organizzazione della conferenza islamica), fondata dall'Arabia Saudita nel 1969. Non tutti i Governi dell'Oci sono di orientamento radicale, ma gli ideologi sembrano esercitare un'influenza sproporzionata. Nel 1990 l'organizzazione propose un sovvertimento totale della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Il nuovo documento si chiamava «Dichiarazione del Cairo sui diritti dell'uomo nell'islam» e affermava: «Tutti hanno il diritto di esprimere la loro opinione liberamente in maniera non contraria ai principi della shari‘a». E l'Oci ha anche lanciato una campagna per persuadere le Nazioni Unite a inserire nel diritto internazionale il rispetto della shari‘a.

Vale la pena chiedersi perché l'Oci dovrebbe preoccuparsi di fare una cosa del genere, e perché, più in generale, il movimento radicale abbia spostato il fulcro della sua azione dal già grandioso progetto di risuscitare un antico impero a quello di evangelizzare il pianeta. Ma non c'è niente di così misterioso se ci si prende la briga di leggere alcuni dei classici della letteratura islamista. L'ideologia «estrema e perversa» non è semplicemente, come molti danno per scontato, un ritorno alle devozioni e alle amputazioni dei tempi degli avi. È un'ideologia moderna, e come molte altre manie totalitarie di questo secolo la sua perversità è legata a una paranoia. La dottrina postula una teoria del complotto secondo la quale crociati e sionisti starebbero cospirando da secoli per distruggere l'Islam (nel caso dei sionisti fin dai tempi delle controversie di Medina, nel VII secolo). Certo, probabilmente nei ministeri degli Esteri mondiali, o anche nei Governi degli Stati che fanno parte dell'Oci, non sono in molti a coltivare questa esotica fantasia dell'alleanza crociato-sionista in tutta la sua gloria. Ma come il liquido versato da un bicchiere, l'esotica fantasia è capace di insinuarsi nel tessuto convenzionale delle paure moderne, diffuse in tutto il mondo, sulla potenza dell'Occidente e l'arroganza dei suoi modi e delle sue intenzioni.

Marshall e Shea, nel loro rapporto sui diritti umani, citano le presentazioni di un funzionario delle Nazioni Unite dal titolo magniloquente di Relatore speciale sul razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, che dal 2003 al 2008 è stato un giurista senegalese di nome Doudou Diène. Secondo Diène le persone in Occidente che esprimevano preoccupazione per l'estremismo islamico stavano montando una specie di aggressione razzista contro i musulmani. Il Relatore speciale era turbato dall'islamofobia, una forma di timore irrazionale o di intolleranza sostenuta da giustificazioni teoretiche e ideologiche. In un'ottica come quella di Diène, perfino una serie di vignette innocenti o maliziose pubblicate su un quotidiano poco noto di un minuscolo Paese europeo come la Danimarca poteva apparire come un'arma islamofobica di eccezionale potenza, assimilabile a un intervento imperialista contro i musulmani di tutto il mondo: anzi, un'arma vera, tesa a provocare danno. In questo modo, le paranoie medievali su crociati ed ebrei del VII secolo possono essere spacciate per sofisticate denunce di residue o rinascenti ambizioni imperialistiche. E l'Oci ha scoperto che una campagna antiblasfemia, adeguatamente riformulata, è in grado di attirare consenso ben al di fuori della cerchia delle delegazioni musulmane.

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