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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 16:56.

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Nel 1961, Jean-Paul Sartre deplorava lo stato dell'Europa. "Fa acqua da tutte le parti," scriveva nella prefazione ai Dannati della terra di Frantz Fanon."Cos'è successo? Semplicemente che eravamo i soggetti della storia e adesso ne siamo gli oggetti." Indubbiamente era troppo pessimista. Nei cinquant'anni trascorsi da quel lamento, ci sono stati progressi molto significativi, inclusi l'Unione Europea, la riunificazione della Germania, l'estensione della democrazia all'Europa dell'Est, il consolidamento e il miglioramento dei servizi sanitari nazionali e della previdenza sociale, i diritti umani iscritti nelle leggi e fatti rispettare. Tutto ciò è avvenuto di pari passo con un'economia europea in rapida espansione che ha ricostruito e ampliato le basi industriali e le infrastrutture devastate durante la seconda guerra mondiale.

Forse Sartre si riferiva a un contrasto di lungo periodo. Nei secoli precedenti, gran parte della storia del mondo era davvero fatta in Europa e il mondo ne era insieme ammirato e timoroso. Nella seconda metà del Novecento la situazione cambiò rapidamente. Da studente, quando sono arrivato a Cambridge dall'India nei primi anni Cinquanta, ricordo di aver chiesto se all'università c'erano conferenze sulla storia economica dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina. Ci sono, mi venne risposto, per una pubblicazione intitolata "Expansion of Europe". Oggi questa visione europea del mondo sembrerebbe alquanto arcaica non solo perché i grandi imperi europei sono tramontati, ma anche perché l'equilibrio delle forze politiche ed economiche è cambiato radicalmente. L'Europa non sembra più un gigante.

Non c'è niente di speciale – o di deplorevole – nel fatto che le diverse regioni cambino ruolo nel corso della storia. E' sempre successo. Colpisce tuttavia il pasticcio nel quale l'Europa s'è infilata nell'ultimo decennio. In questo momento si discute molto – e giustamente - di come farà a liberarsi dello scompiglio finanziario, della sofferenza economica e del caos politico. "Cosa fare adesso" è sicuramente una questione importante, ma se si pensa al recente passato "cosa non fare" lo è altrettanto, non solo per la rilevanza degli errori precedenti nel decidere il da farsi in Europa oggi (non che sia facile disfare quanto fatto, non c'è mai una traduzione automatica delle follie passate in correzioni presenti), ma anche perché le lezioni negative possono evitare traversie simili nel resto del mondo.

Cos'è andato storto in Europa negli anni scorsi? Dividerò la mia analisi in tre grandi temi collegati: (1) la sfida dell'unità europea, (2) i requisiti della democrazia, (3) le esigenze di una buona politica economica.

L'unificazione è un vecchio sogno,

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