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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 16:56.

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Non devono sorprendere i problemi di bilancia dei pagamenti e altri simili nei paesi come Grecia, Spagna o Portogallo, dati i limiti inflessibili posti all'aggiustamento del tasso di cambio e alle politiche monetarie. Il conseguente scenario di crisi e salvataggi che esigono tagli draconiani ai servizi pubblici ha anche esasperato gli animi da entrambe le parti. Ha fortemente aggravato il disamore tra le nazioni europee come dimostra , sotto forme diverse, la retorica politica di questi giorni da nord a sud, e il disprezzo con i quale sono additati "i greci pigri" o "i tedeschi del Reich".

L'analogia spesso invocata con i sacrifici dei tedeschi per riunificare la Germania dell'est e dell'ovest è ingannevole e annebbia spesso il pensiero di certi europei. Inganna in parte perché, tra le nazioni europee, il senso di unità nazionale che ispirava quei sacrifici oggi non esiste, e anche perché in quel notevole sforzo unitario, i sacrifici ricadevano soprattutto sulla ricca Germania dell'ovest e non su quella più povera, mentre in Europa vengono richiesti a paesi come la Grecia e la Spagna.
I costi delle politiche economiche fallite vanno ben oltre le statistiche, pur importanti, della disoccupazione, del reddito reale e della povertà. L'idea stessa di unione, di un senso di appartenenza europea, è messa in pericolo da quanto succede in campo economico. I fautori dell'"unità monetaria europea" hanno in effetti spinto gran parte dell'Europa verso la disunione. Non intendo dire che si rischia di tornare al 1939, ma i "cani d'Europa" che abbaiano nelle loro basi regionali di risentimento e di disprezzo, se non di odio, recano un danno immenso alla causa europea dell'amicizia e dell'unità.

I fondatori del Movimento federalista volevano «un'Europa democratica unita». Quella uscita dalla seconda guerra mondiale aveva imparato per amara esperienza lezioni che non avrebbe dimenticato, innanzitutto che democrazia significa dare a ogni persona non solo un voto, ma anche una voce. La democrazia nella forma di elezioni periodiche è ben radicata nelle costituzioni, e l'impegno ad avere una discussione pubblica preliminare prima delle grandi decisioni fa parte anch'esso dei valori europei. Walter Bagehot definiva la democrazia un "governo attraverso la discussione", un'analisi politica che John Stuart Mill aveva contribuito molto a chiarire e a difendere, saldamente condivisa e seguita dai leader visionari che si misero in cerca di un'unità europea.

I leader finanziari e le potenze economiche europee hanno sicuramente deciso provvedimenti sbagliati o nel momento sbagliato, ma anche se fossero stati corretti e tempestivi resterebbe la questione del processo democratico. Per esempio una cosa fondamentale come i servizi pubblici, pilastri essenziali dello stato previdenziale europeo, non può essere lasciata al giudizio unilaterale di esperti finanziari (per non parlare delle agenzie di rating spesso poco accurate) senza un ragionamento pubblico e il consenso delle popolazioni coinvolte. E' certamente vero che le istituzioni finanziarie contano per il successo o il fallimento delle economie, ma la loro posizione può avere una legittimità solo attraverso un processo pubblico di discussione e di persuasione, con argomenti, contro-argomenti e contro-contro-argomenti.

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