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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 08:19.

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SACCHI
... E Berlusconi, lui mi chiese un favore: lui sapeva che io dovevo incontrarmi con una società il venerdì, mi chiese, disse «Guardi io devo andar via alcuni giorni, le chiedo un favore, di rimandare quell'appuntamento, e noi ci ritroviamo qua lunedì prossimo». Dissi «Sì», però non ero convinto, andando a casa dissi no, non posso fare una figuraccia del genere, rimando un appuntamento e poi... e la mattina telefonai a Rognoni [responsabile dei servizi sportivi Mediaset, ndr] e gli dissi «Guarda, ringraziali molto ma non me la sento di fare una figuraccia del genere... Io mi devo ancora incontrare, non posso dire rimandiamo...». Mi disse «Sei matto? Al 99 per cento sei tu l'allenatore del Milan». Dissi: «No no, non me la sento» e andai agli allenamenti del Parma. Ricordo che quel giorno la sera torno a casa e mia moglie mi dice «Guarda, chiama subito Ettore Rognoni che t'ha cercato due o tre volte», e mi fa «domani sera hai degli impegni?». «No». «Allora non ci sarà Berlusconi ma ci sarà Galliani, Paolo Berlusconi, Confalonieri». Dico: «Mah per me son anche troppi» e andai su, e allora lì capii che volevano veramente prendermi come allenatore. Andai su e firmai in bianco. «Voi avete un grande coraggio». Io dico: «O siete dei fenomeni o siete dei suicidi e comunque io firmo in bianco», e presi meno di quanto prendevo a Parma... E feci un contratto... Io facevo sempre contratti di un anno solo perché volevo smettere... perché...

INTERVISTATORE
Perché se non era bravo, meglio smettere... (Così disse quando smise di giocare.)
SACCHI
No no, non era quello. Smettere perché facevo fatica e lo stress mi uccideva...

INTERVISTATORE
Ah quindi è sempre stato così? (Smise di allenare per questa ragione, lasciando l'Atletico Madrid nel 1999 dopo le esperienze con la nazionale maggiore e un breve ritorno al Milan. Lavorò poi come direttore tecnico per il Parma e per il Real Madrid.)
SACCHI
Io non volevo dare la vita per... E siccome io faccio parte del partito melius abundare quam deficere, è una certezza, si può sempre far di più e meglio, quindi le notti mie erano insonni, mi sembrava sempre di rubare, di non essere un buon professionista, e tutti accettavano volentieri perché dicevano se va male non abbiam spese. Eppure anche col Milan andai bene, vincemmo il campionato e dissi: «Adesso raddoppiamo però», solo che il secondo anno partimmo malissimo e Biscardi annunciò che il martedì sarei stato esonerato, avevamo perso tre quattro partite consecutive.

INTERVISTATORE
Trovo molto affascinante come ha saltato a piè pari l'anno dello scudetto... Insomma, è un anno importante, voglio dire...
SACCHI
Sì, fu un anno importante, il primo. All'inizio non ci fu prevenzione, diffidenza sì, ma non prevenzione quindi non trovai un ostacolo, e fu bravissima la società e Berlusconi fu bravissimo perché noi partimmo male, perdemmo la prima partita in casa, perdemmo la prima partita nella coppa UEFA, poi perdemmo in casa in coppa UEFA dall'Espanyol e dissero che non sarei arrivato, non al panettone, ma a mangiare le favette, e Berlusconi: mi ricordo perdemmo 2 a 0, io tutta la notte tornai a casa, non andai a letto, studiai il Verona che dovevamo giocare la domenica e alle otto, le nove mi telefonò Berlusconi e mi disse: «Ha bisogno?». Dissi: «Sì» e venne il sabato e fece un discorso cortissimo ma efficacissimo, disse con i giocatori: «Questo allenatore lo sento io, gode della mia massima stima e fiducia, chi di voi lo seguirà rimarrà, chi non lo seguirà dovremmo rivedere...». Fu diretto, molto, mi diede veramente una gran mano. Quindi il primo anno si concluse in un trionfo inaspettato e fantastico perché riempivamo lo stadio in continuazione ovunque andavamo, dove c'erano conservatori che mi vedevano come il diavolo e l'acqua santa perché vedevano in me uno che attentava alla loro conoscenza, a quello che avevano sempre scritto del calcio.

INTERVISTATORE
Cosa scrivevano del suo gioco?

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