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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2013 alle ore 08:18.

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Bernardo Valli vive a Parigi dal 1975 e mi colpisce che un uomo che ha raccontato i più grandi eventi storici e conflitti mondiali degli ultimi cinquant'anni si dichiari legato alla città da motivi puramente letterari: «Io sono un lettore, un lettore non studioso, un lettore-lettore. In questo quartiere – il nono arrondissement, siamo a casa sua, in salotto, in un mattino di fine marzo freddo e coperto – c'è tutta la letteratura francese dell'Ottocento. C'è l'Éducation sentimentale, a Rue des Martyrs e Rue du Quatre-Septembre... Flaubert abitava a Rue Herold, quando veniva da Rouen. Dov'è il Musée de la vie romantique viveva un pittore, che era il pittore dell'imperatrice Sissi, da lui veniva Lamartine, veniva Turgenev, veniva George Sand, era un luogo d'incontro. Se guarda, nei romanzi di Balzac c'è ogni strada del quartiere, sono tutti luoghi della commedia umana.

I racconti di Bel-Ami alla Trinité, è lì che lui seduce la padrona, e lui abitava qua... Zola abitava qui. Voglio dire, qui c'è stato tutto quello che io ho letto da ragazzo... Cos'era la casa di un borghese della pianura padana nella mia giovinezza? C'erano tutti i romanzi francesi. Secondo me questa è la spiegazione per la quale io vivo bene a Parigi. Ha poco a che fare con la Francia di oggi». È stato inviato in tutto il mondo: Santo Domingo, Argentina, Sudafrica, Algeria, Congo, Israele, Egitto, Iraq, India, Africa occidentale, Singapore, India, Cina, Vietnam, per giorni, mesi o anni. Tutto comincia però dalla cronaca nera.

VALLI
Il reporter io l'ho imparato a fare a Milano. Volevo fare il giornalista: per vari motivi, non ho mai capito se era per viaggiare o per scrivere, penso fosse più per viaggiare. Allora c'era in piazza della stazione a Milano un piccolo grattacielo (il Pirellone non c'era ancora) dove c'erano dei giornali, e dentro c'era La Notte che era un quotidiano del pomeriggio. Allora i quotidiani del pomeriggio erano molto importanti. A Milano oltre a La Notte, c'era Milano Sera, c'era Il Corriere Lombardo, ed erano giornali e quotidiani di informazione, come a Roma c'erano Paese Sera, che era già un giornale più articolato, e Momento Sera e non so quali altri, a Milano c'era anche Milano Sera e facevano una grande concorrenza, grandi titoli a effetto. Uscivano il pomeriggio, tutti nel pomeriggio, alle tre, alle quattro del pomeriggio, alcuni verso l'una, e avevano un grande impatto nella città. Si occupavano molto di cronaca nera e di cronaca rosa. La cronaca nera erano i fattacci. La cronaca nera in Italia è cambiata con il terrorismo che ha reso banale la cronaca comune e ha dato spazio alla cronaca nera. Allora questi giornali avevano i cronisti nei commissariati. Oggi nessuno si muove dalla redazione mentre lì si andava ogni giorno, ogni giornale, con la mazzetta del giornale del pomeriggio, ai carabinieri in via Moscova e ai vari commissariati al centro della periferia, la stazione centrale, per raccogliere le notizie... Era un'atmosfera a Milano… Tutto è bello quando si è giovani e Milano era una città affascinante mentre adesso la trovo estremamente noiosa. Era una città dove arrivavano gli immigrati, quindi era pieno di storie, era anche una città non fredda come Torino rispetto agli immigrati. Quindi accogliente. Inoltre c'erano degli idoli popolari, il ciclismo era una cosa enorme... Il cinema... per dare un'idea di quella che era la società bisogna pensare che i fotoromanzi avevano un successo enorme, il giornale più venduto in Italia era Grand Hotel. Siamo negli anni Cinquanta, i secondi anni Cinquanta. Io volevo andare a La Notte. C'erano vari piani in questo edificio. C'era La Notte, c'era La Patria, che era un giornale con uno staff napoletano, credo che nessun milanese abbia mai comprato La Patria, però aveva una cronaca eccellente che era fatta da Angelo Rozzoni, un capocronista che era stato credo al Tempo... Io volevo entrare a La Notte perché era il giornale più thrilling, diretto da Nino Nutrizio (1), un giornalista famosissimo allora. Non sono riuscito a entrare, non c'era posto. C'era un altro giornale nell'edificio, un giornale cattolico, L'Italia, che poi diventerà l'Avvenire, diretto da un prete, monsignor Pisoni, un prete molto mondano e noto e a un certo punto amministratore del giornale, a cui ero riuscito ad arrivare. Mi disse: «Se vuoi entrare puoi entrare come praticante». Io non avevo nessuna idea di cosa fosse un cronista in un giornale cattolico e in effetti era una cosa strana: non potevo dare i nomi degli assassini, i suicidi non c'erano...

INTERVISTATORE
E gli omicidi-suicidi?

VALLI
I suicidi non si potevan dare, gli omicidi sì. Quindi erano solo i furti, i delitti... (Perché allora si facevano le inchieste sul delitto. Uno andava a cercare le fotografie, e alcuni trovavano anche degli indizi.) Rimasi alcuni mesi a fare il cronista all'Italia. Insomma, nonostante questi limiti, a un certo punto si accorsero di me alla cronaca della Patria che era al piano di sopra, e fu determinante perché quando nacque Il Giorno nel 1956, Il Giorno prese Angelo Rozzoni come caporedattore, lo prese dalla Patria. Era un giornale con il cuore a sinistra. Il primo editoriale che uscì era «Il cuore a sinistra». L'editore era Del Duca (2), quello che faceva Grand Hotel e che faceva in Francia Nous Deux... che era il Grand Hotel francese, grande successo. Del Duca aveva fatto soldi ma aveva librerie molto raffinate a Parigi ed era anche un editore di libri d'arte: era di una famiglia di anarchici antifascisti i quali erano diventati editori di fotoromanzi. In Italia con Grand Hotel e anche qua (hanno chiuso la libreria Del Duca, bellissima, a pochi metri da qui, da poco tempo...). Però dietro c'erano già i soldi dell'Eni e di Mattei... Però era un giornale fatto da antifascisti di sinistra. Però il redattore capo era Angelo Rozzoni, uno che veniva dal Popolo di Italia e che ci ha lavorato fino al 1945, e fu l'anima del giornale. C'erano Goffredo Parise, Gianni Brera, Gianni Clerici, Tommaso Besozzi. C'era Giancarlo Fusco... era una redazione straordinaria... e nelle pagine culturali lavorarono Italo Calvino, Carlo Emilio Gadda e Arbasino, Pietro Citati... Stazionando ai commissariati avevo imparato a fare il giornalista perché il capocronista riscriveva il pezzo dieci volte. Lì c'era proprio il modo di dare la notizia semplice secondo le regole del chi, dove, quando, eccetera. Spesso chi andava in commissariato a prendere notizie dettava i dati di quello che era accaduto e poi c'era l'estensore in cronaca che lo faceva.

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