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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2013 alle ore 08:18.

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INTERVISTATORE
(La conversazione va avanti. La partecipazione a eventi epocali che avrebbero costituito il ricordo fondamentale della vita di qualcun altro vengono chiamati in causa per far capire come funziona il giornalismo. Qui di seguito parliamo del rapporto tra i pezzi d'occasione e i lenti cambiamenti del mondo.)

VALLI
Io ho fatto una delle cose più importanti, la decolonizzazione... quando le dico che nel Sessanta vado nel Sudafrica, poi vado in Congo dove sono rimasto molto a lungo... per due, tre anni stavo lì dei mesi... allora si stava lì molto tempo, ma poi io ho fatto la decolonizzazione di quasi tutta l'Africa Occidentale... il Ghana, la Guinea... magari ci stavo poco però spesso ho conosciuto o comunque bazzicato tutti i protagonisti dell'Africa indipendente. Vedere un continente che diventa indipendente è una cosa esaltante. Anche prendendo delle fregature enormi, perché Sékou Touré (9) diventa un eroe e poi invece si rivela dopo qualche anno un criminale.

INTERVISTATORE
E questo ora con la primavera araba è stato un po' simile?

VALLI
Sì, però bisogna pensare sempre una cosa molto precisa: il giornalismo non è prevedere la storia, uno racconta la verità lì, del momento, quella è... una rivoluzione come quella in Egitto, in un Paese come l'Egitto dura tra i dieci e i quindici anni minimo. Lei sa quanto tempo è passato dalla rivoluzione francese alla prima democrazia? Ottant'anni, dal 1789 alla prima vera democrazia, quella della Terza repubblica nel 1870 quindi sono quanti? Ottantuno anni... Ci passa il Terrore, Napoleone, la Restaurazione, la Seconda restaurazione, il Secondo impero. Diciamo che fare la decolonizzazione è già un fatto... Tutti questi grandi capi africani spesso diventano dei tiranni e spesso criminali come Sékou Touré mentre io li vedevo come gli eroi che prendevano e liberavano il proprio Paese: ma infatti erano degli eroi, perché già il conquistare la propria indipendenza nazionale, se non le libertà individuali, era già un fatto...

INTERVISTATORE
(Passiamo a parlare di Estremo Oriente. La guerra del Vietnam e soprattutto il popolo vietnamita rapisce l'intervistato, che risponde con lentezza, fermandosi di continuo ad acchiappare ricordi privati, che però non mi racconta. Per tutta questa sezione ho la sensazione di averlo perso.)

VALLI
La seconda esperienza estremamente importante è l'Asia. Io ho passato tanti anni in Asia e chi ha fatto l'Asia, chi ha fatto la guerra del Vietnam rimane... ma non perché la guerra del Vietnam fosse un'esperienza rischiosa o di guerra ma per l'esperienza umana in quel Paese... Un giornalista che faceva l'Asia ed era fisso lì, guardava tutto il resto... Ci ho passato anni. Ero a Singapore ma facevo il Vietnam, avevo la casa lì perché era a un quarto d'ora di aereo dal Vietnam e da Singapore si trasmetteva. In Vietnam sono stato tante volte, per il Corriere sono stato alcuni anni ma son stato tante volte prima… È stata una cosa molto importante perché il rapporto con la popolazione era straordinario, si son creati dei rapporti formidabili, non dico che rientrassi nella società vietnamita però avevo un rapporto con la società vietnamita... Il carattere del vietnamita è allo stesso tempo orgoglioso, dignitoso, di grande coraggio, le donne hanno un ruolo estremamente importante, non solo perché sono carine, sono belle, spesso ci si stabilivano rapporti amorosi, di concubinaggio eccetera. Poi la religione che non è come si dice buddhista, non è per niente buddhista, è una religione di tipo confuciano, il culto degli antenati, e quindi non ci sono dogmi, impedimenti, non c'è un'ostilità di origine religiosa. I francesi che hanno combattuto i vietnamiti avevano più rispetto, ma anche gli americani: per esempio se uno parla di un'altra guerra, io son stato in Iraq parecchie volte durante la guerra e dopo e non ho mai visto, non c'è mai stato un soldato americano in un bar che ha bevuto una Coca Cola con un iracheno, non ha mai camminato per le strade senza un'arma. In Vietnam l'americano si mischiava, la sera andava nei locali notturni, si trovava la ragazza, che era la con gái, stabiliva un rapporto... E questo è avvenuto anche durante la presenza francese che è durata quasi un secolo, dal Secondo impero fino al 1954... E nonostante ci fosse la brutalità del rapporto coloniale, razzista, c'era però la capacità vietnamita di assorbire delle cose dalla civiltà occupante, percepirle senza lasciarsi completamente coinvolgere. Se lei va in un museo vietnamita lei vede che la guerra americana sì c'è ma non è la guerra più importante, la presenza francese c'è ma non è la più importante anche se è durata un secolo. Quella che importa è quella cinese, perché è lì da sempre. Il Vietnam è stato estremamente importante più che come guerra come esperienza di vita. I giornalisti che hanno sposato delle vietnamite sono ancora sposati con delle vietnamite. Adesso ho persino paura, ci son tornato, c'è troppo traffico, le cose cambiano, come tutto.

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