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Economia Lavoro

Fiom contraria all'accordo: «Un ricatto, Fiat applichi il contratto nazionale»

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 15:06.

Per la Fiom, così com'è, l'accordo siglato dagli altri sindacati sul futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano non può essere firmato. «Un ricatto, non un accordo», hanno scritto i metalmeccanici della Cgil sul loro sito nel pomeriggio, mentre era in corso a Roma il comitato centrale dell'organizzazione. Molto più no che sì, quindi, a dispetto delle aperture domenicali del segretario generale, Guglielmo Epifani. I metalmeccanici della Cgil hanno annunciato uno sciopero di 8 ore per il 25 giugno, giorno della mobilitazione generale già indetta da corso d'Italia.

«Se la Fiat - ha detto il segretario generale dei metalmeccanici Cgil Maurizio Landini al termine del comitato - vuole mantenere la posizione del documento presentato l'altro giorno, il comitato centrale all'unanimità non considera possibile che quel testo venga firmato». Lo stessoLandini ha lanciato una proposta al Lingotto: «Applichi il contratto nazionale che consente di lavorare con 18 turni di lavoro settimanale e 40 ore di straordinario in più».

Il documento della Fiat, ha spiegato ancora Landini, «continua a mantenere profili di illegittimità giuridica, non solo sugli orari di lavoro ma anche per le malattie e il diritto di sciopero. Non comprendiamo il fatto che Fiat voglia far passare l'idea che per investire bisogna cancellare i contratti e le leggi: sarebbe un grave danno per tutti».

«Domani - ha aggiunto il leader della Fiom - andremo al tavolo di trattativa (convocato dall'azienda, ndr), anche se c'è una cosa un po' anomala: alla Fiom l'invito è stato mandato per conoscenza. Ci presenteremo a quel tavolo ribadendo questa posizione, perché su queste basi riteniamo possibile trovare un'intesa che sia in grado di garantire il lavoro».
Nel piano - ha concluso Landini - «c'è ancora la chiusura di Termini Imerese, l'hanno confermata. È evidente che bisogna trovare immediatamente delle soluzioni alternative».

«Un ricatto, non un accordo», è il titolo del manifesto pubblicato sul sito della Fiom pubblicato in rete nel corso del comitato centrale. «Operai, senza diritti saremmo solo schiavi», recita una una grafica che richiama il logo del Lingotto. Nel testo pubblicato sul sito, la Fiom ha ribadito quindi - prima ancora della conclusione della riunione del comitato - le ragioni della sua bocciatura dell'accordo, elencando i contenuti della proposta Fiat e le sue conseguenze per i lavoratori.

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Appena meno drastiche le considerazioni della segreteria Cgil, secondo cui «il lavoro e l'occupazione sono il primo punto di responsabilità» per un giudizio sul futuro di Pomigliano, come pure «la necessità di rendere pienamente produttivo il futuro investimento». La Cgil, in una nota ugualmente diffusa durante il comitato centrale, ha sottolineato però il rischio che «la proposta di accordo possa violare leggi e Costituzione». Per il sindacato, comunque, «tocca alla categoria dei metalmeccanici promuovere la discussione, innanzitutto coinvolgendo gli iscritti».

Il documento Fiat consegnato ai sindacati, spiega ancora la nota, contiene «temi che coinvolgono diritti individuali che non possono essere contrapposti al lavoro» e «aprono profili di illegittimità in materia di malattia e diritto di sciopero». La clausola sul diritto di sciopero, sottolinea la segreteria della Cgil, «è illegittima perché pretende di trasformare in illecito, passibile di licenziamento, l'esercizio individuale di sciopero, sancito dalla Costituzione. Ogni firma eventualmente apposta a questa clausola non è semplicemente invalida, è inefficace e inesistente».

Secondo la Cgil, in ogni caso, «nel territorio servono occupazione, sviluppo, investimenti, serve che la Fiat decida senza ulteriori rinvii». La Cgil, sottolinea la nota della segreteria, «fa propria l'esigenza di affrontare l'eventuale assenteismo e di ridurlo ai minimi fisiologici e conferma che gli accordi sottoscritti impegnano sempre tutta l'organizzazione al loro rispetto integrale».

In serata il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha rivolto un appello alla Cgil e alla Fiom affinché firmino l'accordo con la Fiat. Da Benevento la terza carica dello Stato ha riassunto la posizione dell'amministratore delegato Sergio Marchionne e ha aggiunto: «Se fosse stato detto "rinunciate ai vostri diritti", io avrei detto no. I diritti acquisiti non si toccano. Ma non è stato così».

Fini ha poi proseguito: «Riecheggia quell'appello alla concordia tra capitale e lavoro che fa parte del pensiero politico del secolo scorso, della dottrina sociale della chiesta e delle dottrine politiche di un pensiero nazionale». Fini ha infatti ricordato che lo stabilimento alle porte di Napoli rappresenta «una delle pagine del mondo del lavoro e del mondo sindacale» che sarebbe messa a rischio da un no del sindacato di Epifani.

«Mi auguro che la Fiom rifletta sulla decisione e cambi idea», ha commentato il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, durante il suo intervento all'assemblea generale di Assolombarda. «Come si fa a bloccare un investimento da 700 milioni di euro - si domanda la Marcegaglia - per tutelare gli assenteisti falsi malati?».

Marcegaglia ha ricordato che la Fiat, in controtendenza con le altre imprese, vuole spostare la produzione dall'estero all'Italia e che lo stabilimento di Pomigliano dà da lavorare a 5mila dipendenti direttamente e ad altre 10mila persone legate all'indotto. Marcegaglia ha poi ripetuto di augurarsi che «prevalga il senso di responsabilità» e che è «inaccettabile che si dica di no all'accordo».

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