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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 14:36.
Slitta a martedì prossimo l'approdo in aula al Senato della manovra, blindata dalla fiducia. La nuova tabella di marcia fissata dalla capigruppo di Palazzo Madama prevede il voto di fiducia giovedì 15 luglio, in ritardo di un giorno rispetto alle previsioni, ma in linea con le richieste della commissione Bilancio che ha chiesto più tempo per chiudere la manovra, sulla quale di prospetta una doppia blindatura, con l'apposizione della fiducia al Senato e alla Camera. Un esame tutt'altro che sereno, con tanti nodi da sciogliere, il consueto assalto alla diligenza, colpi di scena, refusi corretti, manifestazioni di piazza, compresa la minaccia di dimissioni di un ministro (Galan sulle quote latte). Le modifiche introdotte nella manovra aumentano e non sarà facile mantenere i saldi invariati chiesti dal ministro Tremonti.
Salta il taglio delle tredicesime per magistrati, forze armate, forze di polizia, vigili del fuoco, professori e ricercatori universitari, personale di carriera prefettizia, personale diplomatico e prefetti. Da un emendamento alla manovra del relatore, Antonio Azzollini (Pdl), è stata infatti stralciata la parte che riguardava le tredicesime. Rimane la parte nella quale si precisa che sul blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici non incideranno le variabili straordinarie della dinamica retributiva, come le missioni all'estero.
Accolte le richieste sulle misure fiscali per le imprese richieste da Confindustria, tradotte in un emendamento del relatoredepositato in commissione Bilancio del Senato. Soppresso il comma 9 dell'articolo 38 che puntava ad accelerare le procedure di riscossione: viene cancellato il termine massimo dei 150 giorni di efficacia della sospensione eventualmente concessa dal giudice tributario per l'iscrizione a ruolo. Lo stesso emendamento stabilisce la possibilità per le imprese, a partire dal 2011, di compensare i crediti maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni con i debiti, o le somme iscritte al ruolo, con il fisco. La copertura prevista è legata all'aumento dell'Ires per le imprese assicurative,
Arrivano i «giudici a progetto». Ausiliari fino al 2015 potranno sostituire i magistrati nelle cause civili per smaltire l'arretrato. Saranno scelti tra ex magistrati, avvocati, notai, professori di diritto e ricercatori, in attività o pensionati, raccolti in un apposito albo. Saranno i singoli giudici a nominare i propri «aiutanti». L'obiettivo è quello di ridurre la mole di cause civili pendenti, arrivate alla cifra «monstre» di 5,4 milioni, ma l'opposizione protesta e parla di «privatizzazione della giustizia» e di «violazione della Costituzione». La disposizione riguarderà i procedimenti che saranno dichiarati prioritari dai tribunali e dalle corti di appello. La sentenza dell'ausiliario sarà sottoposta alle parti in causa: se entrambe dichiareranno di accettarla sarà immediatamente operativa, altrimenti l'incartamento tornerà al giudice titolare per la decisione finale. Per pagare i «giudici a progetto», il governo prevede varie possibilità: se la sua sentenza è stata contestata da una delle parti e viene poi confermata dal giudice ordinario, toccherà alla parte che ha avuto da ridire metter mano al portafoglio; se invece il giudice conferma la sentenza, il compenso arriverà dallo Stato. Il compenso oscillerà tra l'uno e il cinque per cento del valore della causa, in base a una tabella annessa all'emendamento. Prevista anche una procedura abbreviata del giudizio, nella quale il magistrato comunica la sua decisione con una «motivazione breve»: se le parti accettano la procedura avranno la sentenza in tempi più brevi ma non avranno diritto a ricorrere in appello. Altra norma anti-ingolfamento, il raddoppio del contributo unificato per l'impugnazione in tribunale e in corte d'appello e l'aumento a 500 euro del contributo fisso per i ricorsi in Cassazione. Con l'ausiliario del giudice per Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense va «in atto la parodia della giustizia». Una vera e propria «demolizione della giustizia italiana», secondo il presidente dell'Organismo unitario dell'Avvocatura, Maurizio de Tilla.