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Economia Aziende

Fiat vara la newco Fabbrica Italia Pomigliano. Meditando l'uscita dal contratto nazionale

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 16:30.

Nasce Fabbrica Italia Pomigliano. La società, iscritta al registro delle Imprese della Camera di Commercio di Torino è controllata al 100% da Fiat Partecipazioni ed ha sede legale a Torino. Il presidente è l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, affiancato in consiglio da Gianni Baldi (capo auditing del gruppo), Camillo Rossotto (tesoriere) e Roberto Russo (general counsel).

L'oggetto sociale della newco, che ha un capitale sociale di 50mila euro, è «l'attività di produzione, assemblaggio e vendita di autoveicoli e loro parti. A tal fine può costruire, acquistare, vendere, prendere e dare in affitto o in locazione finanziaria, trasformare e gestire stabilimenti, immobili e aziende». La società può compiere inoltre «le operazioni commerciali, industriali, immobiliari e finanziarie, queste ultime non nei confronti del pubblico, necessarie o utili per il conseguimento dell'oggetto sociale, ivi comprese l'assunzione e la dismissione di partecipazioni ed interessenze in enti o società, anche intervenendo alla loro costituzione».

La nascita di Fabbrica Italia Pomigliano è un passo preliminare per la costituzione di una nuova società, una new company in cui riassumere, con un nuovo contratto, i 5.000 lavoratori attuali della fabbrica campana. Si tratta del progetto Futura Panda a Pomigliano, per il quale la Fiat ha raggiunto un accordo con i sindacati il 15 giugno, non firmato dalla Fiom.

La Fiat, intanto, sarebbe pronta ad uscire da Federmeccanica e disdire il contratto di lavoro nazionale che regola il rapporto con i dipendenti del gruppo. L'annuncio, secondo quanto riportato oggi da organi di stampa, potrebbe essere dato giovedì all'Unione industriale di Torino, dove la Fiat ha convocacato i sindacati delle imprese metalmeccaniche. La disdetta interesserebbe 25.000 dipendenti - i lavoratori degli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Pomigliano e Termini Imerese e degli impiegati degli enti centrali - e diventerebbe operativa il 31 dicembre 2012, quando scadrà l'attuale contratto di lavoro e quindi la Fiat uscirebbe dalla Federmeccanica il primo gennaio 2013.

Non si placano, nel frattempo, le polemiche sulla delocalizzazione in Serbia di una parte della produzione Fiat. Spostare degli stabilimenti per ragioni di profitto non è «eticamente» giusta e a nessuno è «consentito sfruttare il lavoro umano»: è quanto afferma, ai microfoni della Radio Vaticana, monsignor Beniamino De Palma, vescovo di Nola, diocesi in cui si trova anche lo stabilimento di Pomigliano d'Arco. «In questi giorni - ha spiegato il presule - siamo tornati alla paura di prima. Nel senso che le notizie che ci arrivano mettono in crisi, mettono in ansia tutto il mondo del Pomiglianese e del Nolano». «Per quanto riguarda l'ipotesi di spostare una parte della Fiat in Serbia unicamente per i profitti, non so se questo sia eticamente giusto» ha osservato il vescovo. «L'Italia - ha aggiunto - non può perdere il lavoro. Il diritto al lavoro viene prima e soprattutto prima del profitto, che non è l'unico valore». A proposito dei costi più bassi in Serbia (400 euro) rispetto a quelli italiani (1.300 euro), monsignor De Palma ha ammonito come a nessuno sia «lecito sfruttare il lavoro umano, a nessuno e per nessun motivo». «Con il lavoro - ha proseguito - non si scherza» e la Fiat deve «rispettare quelle che sono le esigenze umane del mondo del lavoro».

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