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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 08:04.
Si riaprono i giochi per Tirrenia, dopo la dichiarazione d'insolvenza sottoscritta dal tribunale di Roma. E se Uiltrasporti, fa un passo indietro sul ricorso contro la sentenza annunciato nelle scorse ore, armatori e fondi che avevano manifestato interesse all'acquisto di Tirrenia, prima di ritirarsi dalla gara fallita, tornano a fare un passo avanti. Ma con differenti punti di vista sulle modalità dell'eventuale nuova privatizzazione.
Intanto, sorgono i primi quesiti sulle convenzioni della compagnia, cioè quegli accordi con lo Stato, sulle rotte di pubblica utilità, che consentono alla compagnia di navigazione di ottenere fondi pubblici e aumentano il suo valore sul mercato. Le convenzioni scadranno il 30 settembre prossimo. Se la gara che vedeva in vendita, insieme, Tirrenia e Siremar fosse andata in porto, sarebbero state sostituite da nuove convenzioni. Contratti che avrebbero assicurato, a chi acquisiva le compagnie, 72,6 milioni di euro annui, per 8 anni, a Tirrenia e 55,6 milioni di euro annui, per 12 anni, a Siremar. Somme ingenti che ora svaniscono nel nulla, se il governo non interverrà. Perché la legge Marzano, nella cui sfera è entrata Tirrenia, con la dichiarazione d'insolvenza, prevede una proroga, fino a un anno, delle convenzioni esistenti, per garantire l'operatività della società, ma certo non impone la stipula di nuovi accordi.
A sottolineare la centralità di questo punto è Fabrizio Vettosi, direttore generale del fondo di private equity Vsl-Venice shipping & logistic (che aveva collaborato col fondo Cinven, quando questo aveva manifestato interesse per Tirrenia) nonché vicepresidente della commissione finanza di Confitarma. «Tirrenia - spiega - non è come Alitalia che poteva contare sul valore degli slot. In quel caso è stato possibile vendere l'attivo. Ma senza le convenzioni Tirrenia vale praticamente zero. Si possono vendere le navi, che peraltro in questo momento valgono ben poco sul mercato, ma senza gli equipaggi. Oppure vendere un ramo d'azienda, che comprende anche il personale. In questo caso, però, quale sarebbe il valore per l'acquirente?
Alitalia aveva gli slot ma i diritti d'accosto di Tirrenia non sono la stessa cosa: a concederli sono le Autorità portuali. Occorre, quindi che il governo decida al più presto sulle convenzioni, in grado, quelle sì, di dare valore alla società». Vettosi critica l'intervento del ministro dei trasporti Altero Matteoli, il quale ha dichiarato che non ci sarà uno spezzatino di Tirrenia. «Non vedo - afferma il manager - come un ministro possa pensare di sostituirsi al commissario straordinario di Tirrenia, che è il solo ad avere i poteri per stabilire cosa fare della compagnia e potrebbe decidere anche di vendere rami d'azienda, a patto che si metta a posto la questione delle convenzioni».