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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 07:57.
«Un giorno di primavera del 1975 andai all'università Statale. Allora ero nella segretaria della Cisl di Milano. Dovevamo incontrare una commissione del movimento studentesco per discutere delle 150 ore, il diritto dei lavoratori a partecipare a corsi negli atenei. Notai subito una bella ragazza dal viso luminoso ma serio che, per fortuna, contraddicendo le abitudini del tempo, ogni tanto scoppiava in una risata sonora.
Era Susanna Camusso». In quella Milano dura e vitale Bruno Manghi, a lungo leader del sindacato cattolico, conosce la giovane Camusso che ora, 35 anni dopo, si appresta a succedere a Guglielmo Epifani alla segreteria generale della Cgil. «Lei è la scelta giusta - dice Onorio Rosati, segretario della Camera del lavoro di Milano - per migliorare le relazioni industriali del nostro paese, senza svilire la missione del sindacato. Durante le grandi crisi economico-sociali le posizioni si radicalizzano e di solito noi riformisti, anche dentro alle organizzazioni dei lavoratori, veniamo schiacciati. In questo caso, è successo il contrario. Con la Camusso sarà possibile un confronto con tutte le parti per avere più contrattazione e per formulare un nuovo patto sociale che contempli sia la produttività sia la difesa dei posti di lavoro».
Un percorso, segnato da un profilo pragmatico-riformista, che 35 anni fa inizia fuori dagli steccati ideologici. «Dopo avere fatto amicizia - ricorda Manghi - mi confidò con semplicità che, ultimati gli studi in lettere e filosofia, avrebbe desiderato passare a tempo pieno al sindacato. Io le sconsigliai l'ingresso nella Fim, che era in fibrillazione. Alla fine, dopo alcuni abboccamenti con diverse realtà, fu introdotta in pianta stabile nella Fiom da Bruno Marabese, della componente socialista». Dunque, l'affiliazione socialista e il pragmatismo lombardo le risparmiano qualunque fascinazione, ancora presente in parte della Fiom di matrice comunista, verso un'idea di sindacato come palestra per allenare i lavoratori alla lotta di classe. I metalmeccanici della Cgil non sono un posto semplice, per una ragazza. La rappresentante delle donne nella Fiom sarà anche la mitica Nori Pesce, ex staffetta partigiana.
Ma, certo, la Camusso capisce subito cosa vuole dire fare parte di una struttura dominata dagli uomini. Il capo della Fiom a Milano, fra il 1976 e il 1979, è Antonio Pizzinato, che dal 1986 al 1988 sarebbe diventato segretario generale della Cgil. È lui, uomo legato al Pci cossuttiano, a spingere perché le donne abbiano un peso crescente: «Susanna diventò responsabile di uno dei cuori di Milano, la Bovisa. Un quartiere complesso, perché c'erano gli operai della Face-Standard e gli impiegati della Sirti e della Philips. Anche se arrivava dall'università e aveva fatto buone letture, dimostrò di non essere una intellettualina. Riusciva a parlare con tutti: le altre donne, gli studenti, i vecchi operai, i colletti bianchi. Funzionò».