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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 09:38.
A maggio mi sono scagliato contro un rapporto dell'Ocse, che ribadiva ancora una volta come la Federal Reserve debba alzare i tassi d'interesse. Il motivo? Qualcuno cominciava a paventare l'approssimarsi di un rischio inflazione. L'Ocse, ahimè, è la Centrale delle opinioni convenzionali, e in quanto tale rilanciava diligentemente la tesi che i paesi industrializzati dovevano cominciare a tagliare la spesa e (cosa ancora più peculiare) alzare immediatamente i tassi d'interesse.
Come avevo evidenziato a maggio, una proposta del genere era assurda perfino sulla base delle previsioni della stessa Ocse, che prospettavano per gli Usa anni di disoccupazione molto alta e inflazione molto bassa. Nel momento in cui l'Ocse prevedeva una disoccupazione dell'8,4% e un'inflazione dell'1% per la fine del 2011, la proposta di alzare i tassi d'interesse nel 2010 contraddiceva qualunque logica di politica monetaria.
L'organizzazione non spiegava perché fosse necessaria una contrazione della spesa in un momento in cui l'economia era ancora profondamente depressa, limitandosi a qualche accenno vago alla fiducia dei mercati. Ora, a distanza di quattro mesi, a Parigi sembrano aver cambiato idea.
Forse è il caso di aspettare ad alzare i tassi d'interesse, dice il rapporto pubblicato il 9 settembre. E se le cose si mettono davvero male, forse è il caso di rimandare anche i tagli alla spesa. Perché questa inversione di rotta? «Recenti indicatori - segnala l'Ocse - segnalano un rallentamento della ripresa dell'economia mondiale un po' più accentuato di quanto previsto in precedenza». Ma il rallentamento a cui stiamo assistendo oggi non è una sorpresa.
Chi ha un approccio keynesiano all'economia da tempo guarda preoccupato alla seconda metà del 2010. A dicembre dell'anno scorso osservavo che gli effetti degli stimoli sul Pil hanno un andamento a U rovesciata: il picco rispetto al Pil arriva al vertice della curva, ma il picco rispetto alla crescita arriva prima, quando la curva non ha cominciato ad appiattirsi. Quando la spesa scende, l'effetto sulla curva diventa negativo. A maggio le posizioni dell'Ocse erano influenzate dalla pressione sociale, non dalla logica economica.