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Economia PMI

Come far crescere nuove aziende con la testa in Italia e il portafoglio nella Silicon Valley

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2010 alle ore 12:03.

Tre mesi per costruire una versione dimostrativa elegante. Convincere un finanziatore. Affrontare subito il mercato, anche se il progetto non è interamente funzionante. Ma imparare dalle risposte degli utenti. E ricominciare. Sono i tempi per lanciare una start up tecnologica in Silicon Valley. "Più che i prodotti contano le persone. Devono essere capaci di tornare sui propri passi, correggere gli errori, ripartire presto", ricorda Alberto Onetti, presidente dell'associazione "Mind The Bridge": da anni seleziona talenti in Italia. Che in California possono trovare fondi, un mercato di espansione o una rete di networking.

Non c'è limite di età
Marco Campanari ha 42 anni: è un imprenditore di terza generazione, discendente da un operaio metalmeccanico, e ha lanciato Hyperfair, uno spazio tridimensionale dove gli espositori possono costruire i loro stand all'interno di edifici virtuali. I visitatori scelgono gli oggetti sugli scaffali e ricevono in diretta la documentazione completa in formato elettronico. Ognuni persona può spostarsi tra i percorsi espositivi con il suo avatar e parlare con altri, come nel mondo digitale di Second Life. Hyperfair permette di ridurre i costi di organizzazione per le fiere e l'impatto ambientale, attraverso l'eliminazione dei consumi di carburante e di carta. Due anni fa Campanari ha avuto l'idea e ha elaborato i dettagli. Poi è stato selezionato dall'Acceleratore d'impresa del Politecnico di Milano: l'ateneo ha sviluppato la piattaforma tecnologica. E "Mind The Brige" ha portato Hyperfair in California. "In Silicon Valley la velocità è un fattore determinante: ottieni più risultati in meno tempo", evidenzia Campanari in collegamento con Skype dagli Stati Uniti.

Francesco Baschieri, invece, ha già trascorso tre mesi negli Usa: è partito per trovare un pubblico interessato alla sua webradio, Spreaker. Si tratta di una piattaforma che permette agli utenti di trasmettere in diretta i loro programmi, come se fossero disc jockey. Ha 200mila utenti in Italia: prevede nei prossimi mesi un'espansione negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. "Mi chiedo perché non sono venuto in California quindici anni fa, quando ne avevo venti: a San Francisco i tempi per vedere un aumento di scala per le start up sono ridotti. È un fenomeno che, osservato dal vivo, è impressionante", sottolinea Baschieri in collegamento da Madrid. Il team di Spreaker ha iniziato per passione, quasi per gioco. Ha investito finanziamenti propri. Poi ha vinto due competizioni (Spinner 2013 e la Start Cup Bologna), collegate con i premi in denaro. E ha acquistato fiducia. L'incubatore dell'università di Bologna, Almacube, ha messo a disposizione un ufficio e una connessione a internet per due mesi. Di recente hanno trovato un "business angel", un finanziatore che ha investito su di loro.

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Stefano Maggiolino, invece, ha lanciato quattro anni fa Genefinity: utilizza tecnologie a film sottile come biosensori. È un ricercatore dell'università di Trieste, ma ha deciso di uscire dai confini del laboratorio e fondare una startup con un gruppo di amici. Vuole allargare gli orizzonti: adesso è a San Francisco e cerca un sostegno economico per i suoi progetti. "Aspettare il giorno dopo per inviare un email o un ringraziamento è troppo tardi: bisogna mostrare da subito interesse", dice Maggiolino. Hyperfair, Spreaker e Genefinity sono aziende nate in Italia. Tra incertezze, dubbi, errori. Ma la passione dei fondatori ha confermato la validità dei progetti. E ora possono guardare avanti: cercare mercati, finanziamenti e contatti negli Stati Uniti. Aiutati da "Mind The Bridge". "Le start up conservano la testa qui, ma hanno il marketing e la finanza anche negli Usa", dice Giampiero Bracchi, presidente della Fondazione del Politecnico di Milano. Radici locali, scala internazionale: è la globalizzazione.

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