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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2010 alle ore 11:31.
Cina e Brasile: attenti a quei due. Dall'Africa al Medio Oriente, dall'Asia al Sudamerica sono i protagonisti di un'alleanza strategica destinata a mutare il volto dei commerci e degli investimenti dei prossimi dieci anni. Un rapporto sempre più stretto, avviato in verità nel decennio che ha già cambiato il mondo, ma che dopo la grande crisi ha assunto il volto di una partnership tra "emergenti" che intende bypassare i mercati in sofferenza di America ed Europa, magari nell'ipotesi che non possano più tornare agli splendori del passato. Una sorta di autoassicurazione per il futuro, dunque.
E un rapporto che, se prima si riassumeva in un classico "do ut des" commerciale tra paesi in sviluppo (soia o petrolio brasiliani contro pagamenti o investimenti cinesi in infrastrutture di base), oggi assume connotati a maggiore valore aggiunto. Un link, economico quanto politico, tutto da scoprire. Ma già attivo anche sugli scenari mondiali: l'impegno, soprattutto finanziario, di Cina e Brasile a sostegno dello sviluppo (e che sviluppo!) in Angola ne è conferma tra le tante.
Certo la Cina di Wen Jiabao può giocare da prim'attore. Forte di riserve valutarie record (ormai circa 2.500 miliardi di dollari), di una moneta ancora sottovalutata e di grandi gruppi industriali, ormai attivi oltre frontiera sotto la spinta della politica del "Go global" benedetta dai Signori di Pechino, ha come obiettivo il finanziamento della creazione nei paesi in sviluppo di infrastrutture e mercati di consumo: le infrastrutture anche per meglio veicolare le materie prime, di cui lo sviluppo del gigante asiatico ha fame insaziabile, e per dare lavoro a big dell'hi-tech quali Huawei, gigante delle tlc; nuovi e sempre più vasti mercati invece per i suoi beni a basso costo, ma anche per le auto Geely, i televisori Tcl, i frigoriferi Haier, i computer Lenovo. La tela dei rapporti è stata tessuta abilmente dal premier Wen e dal presidente Hu Jintao, nel corso di numerosi viaggi, spesso impegnativi peripli continentali.
Anche il Brasile, orgoglioso e ambizioso gigante sudamericano, si è mosso abilmente con la regia di Luiz Inacio Lula da Silva. Dal 2003 alla fine del suo mandato il presidente-operaio ha visitato (non certo per turismo) ben 68 paesi invia di sviluppo. Obiettivi: superare lo status di mero fornitore di materie prime ai paesi più o meno avanzati, dare sprint alla diversificazione dell'economia. E in effetti oggi i jet a medio raggio della brasiliana Embraer prendono la via della Cina come dell'Italia.