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Economia PMI

Boccia: la piccola industria ha tenuto duro, ha reagito ed ora vuole cogliere la ripresa e crescere

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2010 alle ore 07:53.

Consapevoli del proprio ruolo nella crescita del paese; consapevoli di aver dato un contributo forte alla coesione sociale in questo periodo di crisi. «Oggi un piccolo imprenditore che entra in azienda non si chiede dove sarà la sua impresa tra tre anni, ma dove sarà l'Italia. C'è ormai la presa di coscienza che o ce la facciamo tutti, o perdiamo tutti». Vincenzo Boccia, presidente della Piccola industria di Confindustria, vuole tenere lontana qualsiasi retorica del lamento, «semmai, preferisco parlare di orgoglio». Ma su un aspetto è determinato: richiamare l'attenzione sui piccoli, su quella «base» che ha tenuto duro, «ha reagito ed ora vuole cogliere la ripresa e crescere».

È questo il messaggio che dovrà uscire dal XII Forum della Piccola industria, a Prato, dal titolo "Le nuove rotte delle pmi". Dando anche una risposta ad alcune domande: come si sta realizzando la selezione all'interno dei settori industriali tra chi vince e chi non ce la fa? Quali sono i nuovi obiettivi nell'andare all'estero? Ma soprattutto sarà l'occasione per riflettere, spiega Boccia, su cosa possono fare le imprese, da sole e lavorando con i propri inerlocutori diretti, sindacati e banche, e cosa invece dovrebbe fare la politica economica, e quindi Governo e Parlamento, per sostenere lo sviluppo di questo motore del Pil italiano.
«Un senso di solitudine ce l'abbiamo come imprenditori e specialmente come piccoli. Va bene il rigore dei conti pubblici, che è doveroso. Ma si deve anche pensare alla crescita e creare un contesto favorevole all'impresa».

Ci sono state una serie di misure nei mesi scorsi, dall'aumento dei soldi del Fondo di garanzia per le pmi, la detassazione dei premi di produttività, lo Small Business Act, provvedimento Ue recepito dal Governo. Su cosa chiede più attenzione?
A Prato presenteremo alcuni punti specifici su cui c'è bisogno di un intervento del governo, in particolare su fisco, internazionalizzazione, infrastrutture e giustizia. È vero, alcune cose sono state fatte e l'abbiamo apprezzate. Ma non basta. È una richiesta di attenzione da parte di chi ama questo paese e vuole restarci. Non a caso una delle tavole rotonde del convegno si intitola Piccola impresa, progetto di vita.

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Oltre a questo tema, ci sono altri focus durante il convegno: finanza, estero, politiche regionali. Da quale analisi si parte?
Occorre una finanza a supporto della crescita, che metta da parte la speculazione per investire nell'economia reale e quindi nelle aziende. È un fattore ormai strategico. Per quanto ci riguarda, dobbiamo essere più disponibili ad aprire le porte dell'azienda ad investitori esterni. Sull'internazionalizzazione, avremo a Prato anche ospiti stranieri per analizzare nuovi mercati e capire come attrarre investimenti. E poi ci saranno i presidenti di alcune Regioni: a livello territoriale si può fare molto, dagli incentivi, che vanno razionalizzati, alle politiche per penetrare nei mercati esteri: basta con la frammentazione e con le Regioni che vanno in ordine sparso.

Piccola impresa progetto di vita: quindi dialogo e non conflitto?
Il conflitto è nei confronti dell'esterno, si concretizza nella competizione globale che è sempre più dura. Ma con gli interlocutori dell'azienda occorre il dialogo: con il sindacato e con le banche. C'è la consapevolezza della corresponsabilità: dobbiamo trovare con i sindacati il mondo per rendere più produttiva l'impresa, a vantaggio della crescita e dell'occupazione. Anche con le banche una maggiore trasparenza nella comunicazione può portare ad una valutazione da parte degli istituti di credito non basato solo sui numeri ma sulla qualità delle aziende. Infine, altra sfida, è il dialogo tra di noi: metterci in rete, per diventare più forti.

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