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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2010 alle ore 09:26.
Un paese immobile, «che da 15 anni cresce meno dei suoi concorrenti» e «si ostina a non voler cambiare ritmo». Mentre «ha un disperato bisogno di riforme». Federica Guidi guarda indietro a quasi tre anni fa, quando ha assunto l'incarico di presidente dei giovani imprenditori. Di proposte su come cambiare l'Italia ne sono state presentate tante, «ma il tempo sembra essere passato invano».
Adesso, «non c'è più tempo da perdere, ne abbiamo sprecato troppo, è ora di cambiare». La Guidi lancia l'allarme e incalza la classe politica e il sindacato: «Forse a forza di parlare di riforme l'opinione pubblica è pronta davvero. È arrivato il momento di osare». E «se la politica non affretta il passo, con scelte coraggiose, a diventare sempre più veloce sarà solo il declino».
Ricerca e innovazione, certezza del diritto, rilancio delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni, nuove relazioni industriali, che leghino il salario alla produttività, come insegna l'esperienza di Pomigliano. La presidente dei giovani parla di questi temi, aprendo il convegno di Capri, "Lo sguardo di oggi sull'impresa di domani". Proponendo un «ripensamento profondo dei contorni dello stato», non solo con il federalismo, ma con un «nuovo modello sociale», un «patto tra cittadini» per rimettere in moto lo sviluppo.
Innovazione è la parola chiave per crescere: non solo di processo o di prodotto, ma come cambiamento culturale. A partire, per esempio da quella «barriera di regole», una «muraglia» che frena gli investimenti: «La delegificazione è la più radicale e preziosa delle liberalizzazioni, chiama la concorrenza e apre la porta a nuovi protagonisti». E lancia un messaggio al ministro dello Sviluppo, Paolo Romani: «Ha l'impegnativa missione di creare migliori condizioni perché le imprese possano crescere».
Sono troppe anche le regole del lavoro: «Semplificarle renderebbe più facile la vita delle aziende». E troppo lunghi sono i tempi della giustizia: 1210 giorni in Italia per le controversie commerciali, contro i 331 della Francia e i 394 della Germania, una causa di licenziamento prende 700 giorni per il primo grado e 800 per l'appello, in Francia 350 e 540 giorni. «Si parla da anni di una grande riforma della giustizia, alcuni processi sono stati avviati e hanno bisogno di scelte coraggiose».