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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 07:37.
Carta, cartone dappertutto, il magazzino è andato in malora, gli avanzi sono ammucchiati sul piazzale dove solitamente sostano i tir, sono ammassati dietro i capannoni, il cortile è intasato. Dieci container sono stati portati via, dopo l'ok del perito dell'assicurazione, ma ce ne vorranno una cinquantina per buttare via la produzione di venerdì pronta al carico, monumentali bobine in attesa di essere impilate sui macchinari per la lavorazione, i cartoni per l'imballaggio.
La Favretto è specializzata nella produzione di tubetti di cartone che si usano sui telai dell'industria tessile, servono per avvolgere i fili di lana o di cotone, matasse che si srotolano alla velocità della luce, con una tolleranza di millimetri o anche meno. Con un minimo di umidità il cartone si dilata, assorbe acqua come una spugna, il primo novembre ne ha succhiata a non finire. Il primo novembre il torrente ha esondato, ha attraversato 500 metri di prati, ha superato la pista ciclabile, ha invaso fabbrica, uffici e magazzini, ha passato la strada della Riviera Iberica e si è fermato a un supermercato.
Un milione e mezzo di danni per bobine, cartoni e prodotti finiti, un altro mezzo milione per l'acqua e il fango che si sono infiltrati nelle linee produttive, intasato i motori elettrici e caldaie, contaminato tre cisterne di gasolio che alimentano gli essicatoi.
«Abbiamo telefonato alla Protezione civile, sono stati gentili ma ci hanno dirottati sui vigili urbani – dice Antonio Favretto, presidente dell'azienda di famiglia (siamo alla terza generazione) –, loro ci hanno detto che avevano altre emergenze, che avremmo dovuto attendere. Ci siamo mossi da soli, abbiamo fatto venire una ditta per gli spurghi, abbiamo trovato le pompe, cercato container per portare via tutto».
Due milioni di danni, un'enormità per un'azienda, 55 dipendenti e 12mila tonnellate di materiale lavorato, che quest'anno avrebbe dovuto superare i dieci milioni di fatturato (con il ritorno all'utile), in bella ripresa dopo i 7,5 milioni dell'anno peggiore, il 2009 e i 9 del 2008. «La vera mazzata – teme il presidente – arriverà tra un paio di mesi, quando saremo costretti a pagare bobine, cartoni e materie prime che non abbiamo potuto utilizzare, senza avere certezze su quando arriveranno gli indennizzi dell'assicurazione».