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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2010 alle ore 17:04.
I numeri della crisi in Irlanda, dalle banche ai conti pubblici (scheda)
Cade l'ultima foglia per voce del ministro delle Finanze Brian Lenihan e Dublino si lascia andare all'abbraccio di Fondo monetario e Unione europea. «Un pacchetto da decine di miliardi di euro» sarà ufficialmente richiesto dal governo di Brian Cowen a conferma, tardiva, dell'anticipazione del governatore Parick Honohan nei giorni scorsi. Lo ha detto il responsabile delle Finanze in un'intervista a Rte poco prima di entrare in conclave con gli altri ministri per mettere a punto la manovra correttiva per il prossimo quadriennio. Secondo fonti europee, citate dalle agenzie, i ministri europei delle Finanze, riuniti stasera in conference call, si sono detti d'accordo ad aiutare il paese.
Piano di austerity
L'esecutivo irlandese discute in queste ore di una manovra da 15 miliardi di sterline, che presenterà domani, lunedì 22 novembre, ai tecnici di Fondo e Unione. Una mossa attesa, che sarà la base del budget del 7 dicembre, e che agirà sia sul fronte dei tagli alla spesa pubblica che su quello delle imposte. Le anticipazioni annunciano che ci sarà una nuova tassa, salvo ripensamenti dell'ultima ora, sulle proprietà; saranno ridotti drasticamente gli assegni famigliari per i figli minori; sarà abbattuta l'indennità di disoccupazione e diminuito il salario minimo che in Irlanda è di 8,65 euro all'ora. Si parla anche di 20mila uscite incentivate di lavoratori pubblici.
Non basta la realtà di deflazione galoppante per rendere accettabili misure che si sommano a un pacchetto di analoghe dimensioni varato negli ultimi due anni. Per questo le organizzazioni sindacali hanno messo in guardia dal rischio di proteste di piazza, peggio «di sollevazioni popolari», come ha apertamente dichiarato uno dei leader nazionali, Eamon Devoy.
Non sarà toccata né ora né mai, continua a ribadire il governo, la corporate tax ferma al 12,5%, aliquota senza uguali in Europa e motivo della fortissima attrazione che l'Irlanda ha esercitato ed esercita sulle imprese straniere. In realtà la sorte della corporate tax non la decide in questa partita il debole esecutivo di Dublino, ma rientra nella più ampia mano che Unione europea e cancellerie dell'Ue giocano in parallelo. Da Angela Merkel, che si è tardivamente corretta, a Nicolas Sarkozy che neppure ha avuto un ripensamento, si sono levate voci decise contro una tassa che favorisce fortemente l'Irlanda nel momento in cui l'Irlanda s'appella all'aiuto comune. Dublino insiste nel dire che solo una tassazione competitiva consentirà alla propria economia di continuare ad attrarre investimenti esteri diretti e quindi di potersi riprendere. Il braccio di ferro proseguirà, ma il governo cerca ora una sosta per riprendere il fiato e soprattutto per vincere le elezioni suppletive di giovedì. Se dovesse perdere un altro seggio, Brian Cowen si ritroverebbe alla guida di un esecutivo con un paio di poltrone di maggioranza e solo grazie all'appoggio di deputati indipendenti. Le pressioni per sciogliere il parlamento diverrebbero insostenibili.