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Economia Gli economisti

L'uscita dalla spirale della disoccupazione strutturale dipende dall'aumento della domanda

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 16:14.

L'economia, come molti altri campi, ha un suo gergo. Dopo tutto sarebbe difficile (e richiederebbe anche molto tempo), tradurre ogni cosa in un linguaggio comprensibile ai più. A volte però questo gergo rende difficile la comunicazione.
Un caso esemplare è l'espressione «disoccupazione strutturale», ultimamente ripetuta fino alla nausea da certi economisti e politici americani. Una disoccupazione di natura strutturale indica uno sfasamento tra il tipo di qualifica posseduta dai lavoratori e il tipo di qualifica richiesta dal mercato: in altre parole, è una disoccupazione che non si può curare incrementando la domanda di beni e servizi.

Ho già spiegato in precedenza che i macroeconomisti prendono come riferimento il tasso di inflazione per distinguere tra le recessioni originate da carenza di offerta e quelle originate da carenza di domanda. La stagflazione (un aumento della disoccupazione accompagnato da un'accelerazione dell'inflazione) è il sintomo caratteristico di uno "shock da offerta" ; disoccupazione più disinflazione invece è indice di uno "shock da domanda". Provate a indovinare quale dei due abbiamo ora in America.
Dietro la disoccupazione strutturale spesso c'è una storia. Forse i lavoratori vivono nei posti sbagliati. O forse i disoccupati non hanno le competenze tecniche richieste per i lavori offerti dal mercato, o forse qualcos'altro.

La misura della disoccupazione strutturale è quel peggioramento del trade-off tra inflazione e disoccupazione. Ad esempio, sappiamo che la Gran Bretagna subì un forte aumento della disoccupazione strutturale alla fine degli anni 70 e per tutti gli anni 80 anche perché alla fine degli anni 80 l'inflazione prese il volo nonostante un tasso di disoccupazione elevato rispetto alla media storica. Il Sud e l'Est del Paese se la cavavano bene, ma il Nord e l'Ovest erano in una fase di profonda depressione economica. Inoltre, il declino di importanti settori industriali – carbone, acciaio, cantieristica navale – andava di pari passo con una crescita dei servizi e del settore finanziario.

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Per gli operai erano anni terribili, ma per i colletti bianchi le cose non andavano troppo male.

La situazione negli Stati Uniti oggi è diversa. Dove sono gli indicatori di un incremento strutturale della disoccupazione? Non ci sono categorie consistenti di lavoratori che vedono crescere il loro salario, nessun settore rilevante della forza lavoro è in una situazione di piena occupazione, nessuno Stato, a eccezione del Nebraska e dei due Dakota, raggiunge la piena occupazione. E l'inflazione è in calo, non in crescita.
È evidente, contrariamente a quello che forse avete sentito dire, che il problema degli Stati Uniti non è l'inflazione: indizi di un aumento dei prezzi non si vedono da nessuna parte. Quello di cui ha bisogno l'economia è un aumento della domanda: fate ripartire la domanda e vedrete frotte di disoccupati trasformarsi in lavoratori produttivi e volenterosi.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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