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Economia Gli economisti

Una liberalizzazione degli scambi può servire, ma sul fronte della domanda è un pannicello caldo

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2010 alle ore 18:25.

Ora che le speranze di usare una politica di spesa ragionevole per rimettere in carreggiata l'economia americana sembrano svanite, comincia a girare l'idea che possano essere gli scambi il motore della ripresa, in particolare che la proposta commerciale su cui recentemente si sono accordati gli Stati Uniti e la Corea del Sud possa fungere da misura macroeconomica.Non credo proprio. Il problema degli Stati Uniti è che si spende troppo poco per l'acquisto di beni e servizi prodotti in America: in altre parole, c'è carenza di domanda.

La situazione può essere espressa in questi termini: Y = C + I + G + X –M. In questa equazione, C rappresenta la spesa per i consumi, I la spesa per gli investimenti, G l'acquisto di beni e servizi da parte dello Stato, X le esportazioni e M le importazioni. Gli accordi commerciali fanno crescere il valore di X, ma anche il valore di M. In media, cambia poco.

Questo spiega anche perché sia un'assurdità sostenereche sia stata la legge Smoot-Hawley sui dazi alle importazioni a dare origine alla Grande Depressione. Quel provvedimento, promulgato nel 1930, mirava in sostanza a proteggere le imprese e le aziende agricole americane elevando i dazi doganali a livelli record. Naturalmente non penso che quei dazi siano stati una cosa buona, ma non furono i dazi né altre restrizioni ai commerci, a provocare la Grande Depressione.

Secondo i manuali di economia, il protezionismo causa una distribuzione errata delle risorse, rendendo meno efficiente l'economia. Ma non causa una disoccupazione di massa.

Il protezionismo provocò un calo delle esportazioni? Sì. Ma fece calare anche le importazioni. Non è per niente chiaro, quindi, quale effetto abbia avuto la Smoot-Hawley sulla domanda complessiva. Se un effetto c'è stato è perché i dazi erano una forma di aumento delle tasse, ma in questo caso dovremmo prendere in esame tutte le misure di bilancio, non soltanto gli incrementi delle tariffe doganali.

(C'è anche chi sostiene che nel contesto attuale un incremento degli scambi farebbe calare la disoccupazione. Fondamentalmente, se i posti di lavoro guadagnati sono a più alto valore aggiunto, o sono posti di lavoro che producono prodotti lavorati considerati preziosi, mentre quelli che perdiamo sono a basso valore aggiunto e la spesa non varia, il prodotto interno lordo rimane identico ma nel paese ci sono meno posti di lavoro.)

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Ma allora chi sostiene che in questo momento sarebbe importante liberalizzare maggiormente gli scambi ha ragione o ha torto? Una liberalizzazione degli scambi può rendere l'economia mondiale più efficiente, ma sul fronte della domanda serve a ben poco.

Se l'obbiettivo è trovare una misura commerciale che aiuti l'occupazione, bisogna cercare di indurre gli altri paesi a incrementare il loro deficit o ridurre il loro surplus nel saldo con l'estero. Per esempio, un dazio compensativo sulle esportazioni dalla Cina creerebbe posti di lavoro. Un nuovo accordo di libero scambio con la Corea del Sud no. L'accordo con i coreani va benissimo, ma non distorciamo la verità.

(Traduzione di Fabio Galimberti)

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