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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 12:25.
Esiste una professione, che dà lavoro a migliaia di italiani. Ma che - proprio in Italia, paradossalmente - risulta sconosciuta ai più. Quella del lobbista: "membro, attivista di una lobby" (fonte: dizionario Sabatini Coletti).
A Bruxelles, secondo dati di "Open Gate Italia" (azienda operante nel settore), risultano accreditati ben 1793 lobbisti italiani sui 4352 al lavoro nell'ambito europarlamentare. Oltre il 40% del totale. Sempre secondo la stessa organizzazione, nella Penisola il mercato del lobbying conta su un giro d'affari di soli 150 milioni di euro, contro i 3 miliardi degli Stati Uniti.
«Il lobbista è una figura professionale, che rappresenta presso le istituzioni gli interessi di un'industria, di un'azienda o di una Ong. Il lobbista aiuta i politici e i funzionari a comprendere le posizioni delle imprese su determinati dossier», spiega Sandra Alverà, 35enne "Manager Government Affairs" per la sede di Bruxelles di un'importante multinazionale giapponese. La storia di Sandra colpisce l'attenzione non solo per il tipo di lavoro che svolge, ma anche per la vicenda in sé. Tra la favola e l'"avventura".
La svolta della vita arriva - inaspettatamente - una sera, quando Sandra, all'epoca 19enne, nonché fresca diplomata all'Istituto Alberghiero, si trova a prendere le ordinazioni al tavolo di una famiglia di americani, in un ristorante della sua Cortina D'Ampezzo. D'istinto, in uno stentato inglese, racconta loro quanto vorrebbe poter vivere un'esperienza in California. Con sua enorme sorpresa, la coppia le offre di partire, per lavorare come ragazza alla pari per la figlia sedicenne.
Sandra non ci pensa due volte: il mese dopo invia loro un fax con una sola parola, accompagnata dal punto esclamativo. «Arrivo!». A Los Angeles la sua vita cambia, prendendo una svolta inattesa: si iscrive al college, («negli Usa scoprii un sistema non fatto contro lo studente e imposto dall'alto come quello italiano, ma per lo studente»), concluso il quale opta per il rientro in Europa. Si trasferisce in Gran Bretagna, con destinazione l'Università di Bath, Facoltà di Sociologia. Trova persino il tempo di fare un'esperienza Erasmus a Bilbao. Una volta laureata, decide di iscriversi a un Master sull'Unione Europea, grazie a due borse di studio. In questi anni abbina sempre studio e lavoro, per potersi mantenere.