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Economia Politica economica

Italia promossa nel 2011. Le grandi banche la escludono dal club dei paesi periferici

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 09:22.

L'Italia entra nel 2011 senza l'etichetta di paese periferico ad alto rischio: le grandi banche italiane ed estere hanno collocato nel 2010 il rischio-Italia al di fuori del "club" degli stati europei in seria difficoltà - Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna - e sono intenzionate a conservare questa importante distinzione per quest'anno e il 2012: il tasso di crescita salirà, anche se di poco, la disoccupazione tenderà a calare, il rapporto debito/Pil dovrebbe stabilizzarsi in virtù del ritorno dell'avanzo primario.

Leggi tutti i giudizi della banche sull'Italia

L'Italia se la può cavare tranquillamente da sola nonostante la crescita bassa sia accompagnata da un alto debito pubblico e l'incertezza dello scenario politico non prometta nulla di buono sul fronte della realizzazione delle riforme strutturali necessarie per rilanciare l'economia. Questa in estrema sintesi la tesi prevalente, una promozione ma con qualche importante riserva.

I "fondamentali" italiani, emersi nel corso del 2010 nel pieno della bufera sul debito sovrano europeo, continueranno anche quest'anno a essere valutati favorevolmente dai grandi player del mercato perchè in buona sostanza restano migliori di quelli dei periferici doc: la correzione dei conti pubblici italiani è alla portata perchè contenuta; il sistema bancario è solido e quello pensionistico è già stato riformato per tagliare la spesa pubblica; il debito pubblico non si colloca prevalentemente presso portafogli stranieri e questo riduce la vulnerabilità agli attacchi speculativi; le aste dei titoli di stato sono sostenute dall'alto tasso di risparmio domestico e i rating delle agenzie Moody's, S&P's e Fitch sono rassicuranti perchè mantengono gli outlook stabili.

Anche le debolezze croniche e strutturali del sistema-Italia, tuttavia, permangono e peseranno non poco sul 2011. «L'Italia non è certo perfetta», ha tagliato corto un analista nel timore di eccedere in indulgenza. L'elevatissimo rapporto debito/Pil, il basso potenziale di crescita e di produttività, la scarsa competitività, i consumi interni deboli, il mercato del lavoro gravato da una disoccupazione che stenta a calare anche per mancanza di innovazione e investimenti adeguati: questi fattori hanno un impatto importante sulla sostenibilità dei conti pubblici e non devono essere sottovalutati anche se la politica fiscale è impostata da anni su rigore e disciplina.

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Intesa San Paolo / Rafforzamento in vista
per i consumi privati

La crescita del Pil italiano nel 2011 sarà molto simile a quella del 2010 ma i livelli pre-crisi

Unicredit / I conti sono più solidi dei paesi periferici

Il Pil si espanderà quest'anno dell'1,1%, sostenuto dalle esportazioni e dagli investimenti (+2,4%

Barclays / Nessun bisogno di sostegno esterno

Come la Spagna, l'Italia sarà in grado di finanziarsi sui mercati quest'anno e non avrà bisogno di

Tags Correlati: Andamento dei tassi | Grecia | Irlanda | Italia | Moody's | Portogallo | Spagna | Standard and Poor's

 

Promuovere un'Italia che si sta comportando bene nel corso della crisi del debito europeo in nessun caso equivale per gli analisti delle grandi banche a un incoraggiamento ad abbassare la guardia sui conti pubblici, ad allentare i cordoni della borsa anche se a sostegno dell'economia. Il debito pubblico orbiterà attorno al 120% del Pil quest'anno, il prossimo e fors'anche negli anni a seguire anche perchè il tasso di crescita non riesce a spiccare il volo oltre l'1% con una pressione fiscale alta. Il monito principale è che l'Italia dovrà impegnarsi a riportare la traiettoria del debito/Pil in calo ed evitare che si inneschi una spirale all'insù. Le agenzie di rating hanno dimostrato con i casi di Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo che il dito sul grilletto dei declassamenti è sempre pronto a scattare, anche per il rischio-sovrano.

Il maggiore problema 2011 per l'Italia, riconoscono quasi all'unanimità gli economisti e gli analisti delle grandi banche, rischia di essere essenzialmente di natura esterna: uno shock proveniente dall'estero - la necessità di un maxi-piano di salvataggio a favore della Spagna da parte di Unione europea e Fondo monetario oppure un brusco rallentamento della crescita globale - può infatti destabilizzare, e molto, un paese che si tiene in equilibrio con difficoltà a causa delle sue note e annose carenze strutturali e incertezze politiche. Per prevenire la degenerazione della crisi, insomma, l'Italia deve essere disposta a prepararsi al peggio.

Così alla classe dirigente viene rivolto un invito: preservare il programma di risanamento dei conti pubblici e di realizzare le riforme strutturali quali che siano i risvolti della crisi politica, anche nel caso di elezioni anticipate o di governi ad interim. Un mix esplosivo, ma non irraggiungibile per un paese che convive da anni con un altro mix esplosivo, quello dell'alto debito e della bassa crescita.

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