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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 13:08.
«Il presidente del Consiglio sta facendo una gara con l'amministratore delegato della Fiat tra chi fa più danno al nostro paese». Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, reduce dal botta e risposta di martedì 11 con l'ad della Fiat, Sergio Marchionne, commenta così le parole del premier Silvio Berlusconi che, sulla vicenda Fiat, aveva detto che in mancanza di accordi nella direzione della flessibilità le imprese e gli imprenditori avrebbero «buone motivazioni per spostarsi in altri paesi». Intanto resta tesa la situazione a Torino alla vigilia del referendum su Mirafiori.
Da Berlino, Marcegaglia: «Noi siamo dalla parte della Fiat»
«Noi siamo dalla parte della Fiat speriamo e pensiamo che il referendum su Mirafiori possa passare. E' un momento importante in cui fare un passo in avanti». E' il commento della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, al termine del vertice bilaterale Italia-Germania in cui anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si è schierato sulle posizioni di Sergio Marchionne. Dopo il referendum, ha spiegato Marcegaglia, «riparleremo della rappresentanza. Siamo disponibili a trattare su questo, ma prima serve un accordo tra Cgil, Cisl e Uil». Marcegaglia ha inoltre sottolineato che «Fiat vuole fare un investimento e chiede di governare le fabbriche, non c'è nessuna lesione dei diritti. Il problema è reale: l'Italia non attrae investimenti esteri, c'è scarsa produttività. Nessuno vuole distruggere nulla, né ledere diritti ma ottenere cose che ci sono già in molti altri paesi, a cominciare dalla Germania».
I dettagli dell'alleanza Fiat-Chrysler alla Consob
Le dichiarazioni di Berlusconi
«Noi riteniamo assolutamente positivo lo sviluppo che sta avendo la vicenda con possibilità di accordo tra sindacati e azienda in direzione di una maggiore flessibilità dei rapporti, del lavoro», ha detto Berlusconi, sull'accordo per Mirafiori tra Fiat e sindacati, nel corso della conferenza stampa con il cancelliere tedesco, Angela Merkel. E nel caso in cui il referendum dovesse bocciare l'intesa, Berlusconi osserva: «Dobbiamo dire - ha aggiunto Berlusconi - che ove questo dovesse accadere, le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi. Ci auguriamo che la vicenda possa avere esito positivo». Immediata la reazione del segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani: «Berlusconi non se ne accorge perché è un miliardario ma noi paghiamo a lui uno stipendio che gli sembrerà misero per occuparsi dell'Italia e fare gli interessi del paese e non per fare andare via le aziende». Bersani ha giudicato «vergognose» le parole del premier.