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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 09:26.
La compagnia petrolifera britannica Bp, che quest'anno dovrà affrontare le migliaia di cause intenate dopo l'incidente della Deepwater Horizon, ha ottenuto dal governo australiano i permessi per procedere alle trivellazioni alla ricerca di giacimenti di petrolio offshore, in quattro località al largo della costa meridionale del continente, suscitando le proteste degli ambientalisti che temono per i danni alla fauna marina.
La condizione posta da Canberra per la concessione, ha spiegato il ministro dell'Energia Martin Ferguson, è la garanzia dell'adozione da parte della Bp di standard di sicurezza più elevati di quelli utilizzati nel Golfo del Messico, dove l'esplosione di una piattaforma petrolifera nell'aprile 2010 ha ucciso 11 lavoratori e disperso in mare quasi cinque milioni di barili di greggio.
Ferguson ha ribadito che «i permessi sono stati concessi in seguito all'esame delle competenze finanziarie e tecniche della Bp, in accordo con i requisiti delle leggi australiane». Secondo gli ambientalisti però le attività della compagnia mettono in pericolo specie a rischio come le balene, il grande squalo bianco e il tonno pinne blu, che dipendono da quelle acque per l'alimentazione e la riproduzione.
Cosa prevede l'accordo
Le trivellazioni dureranno 6 anni e riguarderanno quatttro aree, per una superficie complessiva di 24mila km quadrati compresi tra il sotto bacino di Ceduna e l'ansa Great Australian. L'accordo garantisce alla compagnia petrolifera la commercializzazione di eventuali scoperte.