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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 09:40.

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Troppe navi in mare, noli cargo in caduta e società in difficoltàTroppe navi in mare, noli cargo in caduta e società in difficoltà

Il mercato delle materie prime è forte, la domanda di trasporto c'è e la Cina importa a ritmi serrati. Ma tutto questo non basta a far crescere i noli delle navi che trasportano carichi secchi. Anzi, i prezzi di noleggio continuano a scendere e, se si paragonano a quelli pre-crisi, toccati nel 2008, si deve parlare di un crollo, con alcune categorie di navi (soprattutto quelle più grandi) che non arrivano a coprire le spese. E la situazione rischia di non migliorare almeno per tutto il 2012.

Principale responsabile di questa situazione è l'overcapacity di stiva, determinata dagli ordini di nuove unità dry bulk, commissionati a ritmo forsennato durante il quinquennio tra il 2003 e il 2008, con una particolare impennata a partire dal 2005, cioè gli anni di boom dello shipping. Boom che ha avuto un brusco stop nel 2009, seguito da una repentina, quanto pesante, caduta del mercato.

Per rendersi conto dell'entità del fenomeno, spiega Giuseppe Scarrone, del dry bulk department della società di brokeraggio Banchero Costa, basta osservare il livello dei noli nel maggio 2008. Una rinfusiera Capesize (tra le 120 e 210mila tonnellate di portata) allora viaggiava a un nolo di 200mila dollari al giorno. Una Panamax (da 65 a 85mila tonnellate) a 100mila dollari al giorno; una Handymax (da 38mila a 60mila tonnellate) a 60-65mila dollari; una Handysize (da 20mila a 38mila) a 40mila dollari. Oggi la situazione è mutata radicalmente: una Capesize ha un nolo di 7mila-8mila dollari al giorno; una Panamax intorno ai 13mila; una Handymax di circa 15mila dollari e una Handysize vicino ai 12mila.

«Per le Handy – dice Scarrone – i noli attuali non sono lontani dal pareggio: significa che l'armatore, facendo viaggiare la nave, non perde. Non è l'optimum ma in questo momento di mercato è un dato positivo. Diversa la situazione per Panamax e Capesize, che viaggiano a un nolo tale da non coprire i costi. Una Panamax, in particolare, per cui si paga un prezzo medio di costruzione intorno ai 30-34 milioni di dollari ed è una tipologia di nave molto usata nel carico secco, è remunerativa se naviga ad almeno 16mila dollari al giorno. I 13mila dollari di oggi, per un viaggio spot, sono insufficienti e anche per operazioni di medio-lungo periodo non sia arriva oltre 14.500 dollari». Una situazione pesante.

«Il costo del carburante – prosegue Scarrone – ha un'incidenza notevole sui viaggi. E il mercato delle materie prime, che è forte, dovrebbe guidare i noli verso l'alto. In Cina, poi, cresce l'import. Ma, a dispetto di tutto questo, i noli restano bassi: il livello, dopo un inizio 2011 che sembrava portare a un certo equilibrio, negli ultimi mesi è sceso». Ovviamente sono penalizzati, in particolare, quegli armatori che hanno ordinato navi durante l'ultimo periodo del boom, quando una Panamax poteva essere venduta e comprata anche a 70-80 milioni di dollari, contro i 30 di oggi. «Abbiamo avuto un periodo – afferma Scarrone – arrivato all'apice nel settembre 2008, con euforia e prezzi alle stelle, in cui si è guadagnato moltissimo. E l'esborso per l'acquisto di una nave rispecchiava la sua redditività giornaliera. Ma la caduta, arrivata con la crisi globale, è stata drammatica e velocissima». E il risultato è ancora tangibile.

«Attualmente – chiarisce Scarrone – c'è un'eccessiva disponibilità di stiva che tiene basso il livello dei noli. I cantieri hanno rinegoziato commesse fatte in precedenza e la cantieristica cinese, in particolare, ha rimpiazzato i buchi provocati da cancellazioni di ordini di armatori con commesse locali (cioè statali, Ndr). Il tonnellaggio non diminuirà per tutto il 2012. Invece per il 2013, finora, non si riscontrano ordini massivi. E ci potrà essere spazio per vendite di commesse da cui l'armatore si è ritirato». In ogni caso, i dati di Banchero Costa che mettono a confronto le navi (con più di 25 anni) possibili candidate alla demolizione con quelle in portafoglio ordini, mostrano il peso di queste ultime sul mercato.

«Ci sono – conclude Scarrone – troppe navi con un'età bassa e manca una propensione alla demolizione. Anche il disarmo si pratica meno di quello che ci si potrebbe aspettare, a fronte di noli così bassi. Ma quest'ultimo fenomeno dipende dal fatto che molte navi non sono utilizzate dall'armatore proprietario ma da un noleggiatore, per il quale fermarle sarebbe comunque una perdita».

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