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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2011 alle ore 11:54.

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Traghetti in crisi, gli armatori chiedono un piano di aiutiTraghetti in crisi, gli armatori chiedono un piano di aiuti

Il mercato dei traghetti è in piena crisi e difficilmente potrà uscirne in tempi brevi se, almeno in Europa, non si decideranno provvedimenti per favorire la rottamazione della flotta con più di 25 anni. Un percorso che consentirebbe ai cantieri navali, compresa Fincantieri, di avere nuovi ordini. A livello mondiale, in effetti, ben il 40% del naviglio ferry è in mare da più di un quarto di secolo.

Nei primi tre mesi del 2011, la domanda di traghetti nel mondo si è attestata su livelli modesti, raggiungendo 22mila tonnellate di stazza lorda contro le 110mila dello stesso periodo del 2010. Non si registrano ordini, poi, nel settore dei cruise ferry, cioè i traghetti di lunghezza superiore ai 170 metri, con caratteristiche (quanto a cabine e ambienti per passeggeri), simili a quelle di navi da crociera: proprio il segmento in cui l'Italia eccelle. Unica trattativa attualmente in corso è in Spagna, tra la compagnia Naviera Armas e il cantiere Barreras, per la realizzazione di due traghetti da 205 metri ma si tratta, appunto, di un contratto ancora da firmare.

Un'indicazione riguardo alla crisi del mercato la danno le decisioni prese dai veneti Cantieri navali Visentini. Un gruppo che ha sempre costruito almeno un paio di navi l'anno, alcune delle quali per conto di terzi, altre per la Visemar, società armatrice di proprietà della famiglia Visentini che poi le mette sul mercato per il noleggio. Il gruppo ha recentemente cancellato due commesse avviate in conto proprio per traghetti di 180 metri.

Ma non è solo l'Europa a soffrire: nel marzo di quest'anno la compagnia francese Ld Lines ha rescisso un contratto di costruzione con il cantiere di Singapore Technologies Marine per un ferriy di 161 metri. Tra gennaio e marzo 2011, infine, è stato consegnato un solo traghetto, da 50mila tonnellate e 213 metri, realizzato da Stx Finland per P&O Ferries.

Nei giorni scorsi Vincenzo Onorato, patron di Moby, nonché azionista di Cin, la compagnia che sta rilevando Tirrenia, ha parlato di un possibile patto con gli altri armatori che rileveranno le società regionali ex Tirrenia, per avviare la costruzione di una dozzina di navi in serie, da realizzare presso Fincantieri o Nuovi Cantieri Apuania, altro stabilimento navalmeccanico italiano di proprietà pubblica. Un progetto percorribile, dicono armatori del settore, ma solo grazie alla disponibilità delle convenzioni statali su cui potranno contare, dopo la privatizzazione, sia Tirrenia sia le ex regionali (Caremar, Siremar, Laziomar e Saremar), rispettivamente per otto e 12 anni.

Per i privati senza sovvenzioni, invece, spiegano operatori del comparto, «allo stato attuale non ci sono prospettive praticabili nel campo dei traghetti. Le aziende hanno tutte bilanci in rosso e c'è poca speranza di ricominciare a guadagnare prima di tre anni. Difficile, quindi, che possano arrivare nuovi ordini di ferry. Anche perché si registrano poche transazioni di compravendita anche sull'usato. Mentre il processo potrebbe essere accelerato se si varassero facilitazioni o regole di navigazione per favorire la rottamazione di quella parte della flotta ferry, cioè il 40% a livello mondiale, che naviga da più di 25 anni ».

Ma c'è anche chi rileva i primi segnali di un'inversione di tendenza: «Dopo l'ultimo triennio, caratterizzato prima da una forte riduzione e poi da una stabilizzazione del mercato - afferma Roberto Martinoli, ad di Grandi Navi Veloci - quest'anno si registra un incremento del traffico merci su traghetto. Si tratta di un segnale modesto ma comunque significativo. Se si riuscissero a sfruttare maggiormente le autostrade del mare, con il supporto dell'Ue, e proseguendo con norme restrittive per il trasporto via terra, forse il processo di ripresa del settore ferry sarebbe accelerato».

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