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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2010 alle ore 10:41.

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I valori immobiliari a confronto con rogiti e fisco (Fotogramma)I valori immobiliari a confronto con rogiti e fisco (Fotogramma)

I valori restano sballati. Ma forse solo per il fisco. La salutare discussione che si sta sviluppando sui prezzi di mercato proposti nei "borsini" immobiliari si allarga(qui la posizione di Anama, ndr), investendo il tema caldissimo del "vero" valore di una casa. Una premessa: l'Osservatorio immobiliare dell'agenzia del Territorio è l'unica istituzione che ha a disposizione uno strumento formidabile per capire come va davvero il mercato: i rogiti. Cioè l'atto di compravendita, dove venditore e acquirente devono trascrivere il prezzo realmente pagato, e se si tratta di privati non c'è danno fiscale perché le imposte le pagano sul valore catastale, cioè quello (spesso poco più del 25-30 per cento di quello di mercato) stabilito nel lontano 1992.

La regola del doppio valore, uno vero e uno fiscale, vale dal 2006 ed era stata introdotta dalla legge 266/2005. Da quasi cinque anni, quindi, si stanno depositando rogiti con il prezzo vero, anche se probabilmente è solo dal 2007 (Dl 223/2006) che è diventato veramente un dovere indicare il vero prezzo, perché è stato reso obbligatorio indicare gli estremi di pagamento del prezzo (per esempio mediante l'utilizzo di assegni circolari o bancari), i dati identificativi del mediatore e il suo compenso. In più, il fisco può effettuare accertamenti a largo raggio, con il potere di domandare informazioni alle banche sulle movimentazioni di acquirente e venditore. La prudenza, quindi, si è fatta strada e anche molti riottosi ormai scrivono il vero prezzo. Tuttavia, quando nella compravendita interviene un'impresa (è il caso delle abitazioni di nuova costruzione) il gioco del doppio valore non vale, quindi la tentazione di nascondere l'imponibile è fortissima, ed è inutile negare che venditore (che risparmia su suoi redditi) e acquirente (che risparmia sull'Iva) trovano una perfetta concordanza d'interessi.

Certo ci vorrà ancora tempo per avere un numero di rogiti sufficiente per dare un quadro completamente attendibile del mercato: considerando che ogni anno circa un milione di immobili passano di mano, si può dire che dal 2007 (considerando anche il calo del mercato) circa 6 milioni di unità siano state rogitate "in chiaro" (il 45% sono abitazioni). Molto poche, rispetto ai quei 66 milioni che compongono il patrimonio immobiliare nazionale. Eppure sono i soli dati potenzialmente non influenzati da alcuna politica di categoria. Certo i "borsini " di associazioni e osservatori sono utili e, se osservati con molta attenzione e conoscenza diretta della zona interessate, sono una buona base di rifessione (le principali reti in franchising lavorano con i compromessi, quindi con il valore reale della compravendita (le dichiarazioni dei responsabili degli uffici studi dei network, ndr). Non dimentichiamo, però, che negli annunci e inserzioni un dato chiave è quello dello "sconto" rispetto al prezzo, che cambia tantissimo a seconda di città e zone. Ma che in questo periodo va del 10 al 20 per cento e anche oltre.

Il sistema, tuttavia, ha cominciato a funzionare: una prova è data dal rapporto tra i valori fiscali (cioè i valori catastali, imponibili ai fini Ici) e quelli di mercato dell'Osservatorio: il rapporto è mediamente 1 a 3,7, cioè quasi il quadruplo, con molte varianti, dal 2,7 dell'Abruzzo al 4 della Liguria. Ma la sostanza è questa: se si prende il proprio valore catastale (lo si ricava facilmente dal rogito, dove basta moltiplicare per 105 la rendita catastale) e lo si confronta con quanto si riesce a ricavare dalla vendita, si vedrà che nella maggioranza dei casi il rapporto è quello.

L'agenzia del territorio dichiara di usare, per l'elaborazione dei valori pubblicato ogni semestre, il 50% di dati provenienti dai rogiti "che consideriamo oggi, di fatto, attendibili" dicono all'agenzia. È molto ma ancora troppo poco. Ed è chiaro che stime proiettate su aliquote ancora così basse non possono fotografare il mercato in modo preciso.
Tuttavia è ancora il meglio che si possa avere, come fonte ufficiale. E solo il tempo potrà aiutare la trasparenza. Lo scarto incredibile tra valori fiscali e valori reali, però, merita un'altra osservazione: se lo stato fa finta di tassare gli immobili a un quarto del loro valore, non sarebbe il caso di togliere la riforma delle tariffe d'estimo (la base delle rendite) dalla naftalina dove giace da un decennio?

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TAG: Fisco

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