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Dossier Bric

Finanza e Mercati In primo piano

Per la Fiat il Bric è strategico

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 16:52.

All'inizio del mese scorso, le azioni della Fiat hanno perso un giorno in pochi minuti il 5% in Borsa. Cosa era successo? Le vendite di auto in Brasile erano scese ad agosto, e quelle della stessa Fiat erano calate più del mercato. Tale è il peso del Paese sudamericano sui conti del gruppo torinese. Che i Paesi emergenti e i cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina) contino ormai quasi come quelli sviluppati, non è una novità e non vale solo per il Lingotto; ma la crisi o la stagnazione delle vendite sui mercati maturi (Europa, Usa, Giappone) hanno reso i costruttori molto più dipendenti dell'andamento degli altri.

La posizione della Fiat è ancora più delicata. Al di là di teste di ponte importanti come la Polonia o la Turchia, che peraltro funzionano più come basi esportatrici che come mercati da conquistare, la posizione nei Paesi Bric è teoricamente tra le più solide: il peso sul totale delle sue vendite è uno dei più elevati fra i grandi costruttori (25% in base ai dati 2007). In realtà, tale peso deriva essenzialmente dalla posizione di leader di mercato in Brasile, e più in generale in Sudamerica: la presenza del gruppo torinese negli altri tre mercati resta ancora inferiore alle attese e nettamente al di sotto degli obiettivi di medio periodo, nonostante le intese siglate in ciascuno di essi con partner locali. Russia, India e Cina rappresenteranno dunque nei prossimi due o tre anni sfide tra le più importanti per gli obiettivi di crescita delle vendite fissate da Sergio Marchionne.

Vediamo la situazione Paese per Paese. Nel mercato più dinamico di tutti, quello russo (+43% per le auto straniere nei primi otto mesi del 2008 a 1,43 milioni di unità), Fiat si affida alla joint venture con Severstal. Nei primi otto mesi dell'anno ha venduto poco meno di 20mila unità, con un balzo dell'83%, doppio rispetto a quello del mercato. L'intero 2008 dovrebbe vedere le consegne attestarsi tra le 30 e le 40mila unità, rispetto a un obiettivo che il piano triennale fissava in 60mila.

L'India vede Fiat alleata con il colosso locale Tata. Il primo accordo di massima risale al 2005 e il lancio ufficiale della joint venture all'anno scorso; per ora gli effetti sulle vendite non si sono ancora fatti sentire: nell'anno fiscale chiuso il 31 marzo 2008 sono state consegnate circa 3.400 vetture in un mercato da 1,2 milioni. Gli obiettivi sono ambiziosi: Marchionne ha detto, in occasione del recente viaggio in India, di sperare in «una quota di mercato a due cifre»; rispetto a un mercato da 1,5 milioni di unità nel 2007, sarebbero almeno 150mila auto l'anno. Il numero uno di Fiat India, Rajeev Kapoor, punta a sfiorare le 50mila unità nel 2009 con il lancio della Linea entro la fine di quest'anno.

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Tags Correlati: America del Sud | Borsa Valori | Cina | Europa | Fiat | General Motors | Gregor Claussen | Imprese | India | Russia | Sergio Marchionne | Tata | Volkswagen

 

La Cina è il caso più delicato: dopo la sfortunata partnership con Nanjing, sciolta nel 2007, Torino ha firmato oltre un anno fa un memorandum d'intesa con la Chery, che non ha però ancora portato a un accordo operativo. Qualche settimana fa è emersa la notizia – poi conefrmata da Marchionne – che Fiat sta trattando anche con la Guangzhou Auto; lo stesso amministratore delegato ha ammesso per la prima volta che l'obiettivo di vendere 300mila auto in Cina nel 2010 «potrebbe slittare». E c'è chi – come l'analista Gregor Claussen della Commerzbank – ritiene che «anche se per i prossimi due o tre anni saranno riusciti ad avviare una buona joint venture, potrebbe essere troppo tardi». Troppo tardi, cioè, quanto meno per entrare nel drappello di testa guidato da General Motors e Volkswagen; e forse anche troppo tardi per contare su ampi margini di profitto.

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