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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 15:47.

Le istituzioni (Bce e i governi del 17 paesi dell'Ue) rassicurano sul futuro stato di salute dell'eurozona. Ma tra investitori ed esperti si moltiplicano le Cassandre. A tal punto che secondo il 59% di un panel di 1.000 investitori, analisti ed esperti interpellati dall'agenzia Bloomberg, proprio nel giorno in cui nella cittadina svizzera di Davos si apre il World economic forum, è convinto che entro il 2016 Grecia e Irlanda andranno in default (nonostante i vari aiuti) e almeno uno dei 17 paesi avrà il benservito dall'Unione europea perché non più in grado di rispettare i paletti (per quanto nei fatti siano flessibili) di appartenenza.
Allo scenario più che grigio si unisce, proprio da Davos, Noriel Roubini. E questa, forse, non è una notizia dato che l'economista turco deve gran parte della sua fama attuale all'aver azzeccato in tempi non sospetti e con un timing ineccepibile l'ultima grande crisi dell'economia. Dalla Svizzera Roubini ha sentenziato: «I mercati sono apparsi molto più ottimisti negli ultimi tempi ma i problemi di fondo della zona euro rimangono ancora irrisolti». La Grecia ad esempio - spiega Roubini - ha approvato un pacchetto di salvataggio da 110 milioni di euro, ma il suo debito pubblico resterà al 150% del Pil ancora per i prossimi tre anni anche se il paese riuscirà ad aderire alla lettera alle richieste del Fondo monetario internazionale. Allo stesso tempo «non ci sono strategie fiscali» nelle aree periferiche dell'eurozona.
Insomma, i paesi periferici dell'area euro - inglobando in questa definizione le aree che hanno rating al di sotto della tripla A e, in ogni caso, con un alto indebitamento - rischiano sul serio nei prossimi anni di non riuscire ad onorare i soldi chiesti in prestito. Preoccupa anche il Portogallo. Per il 48% degli intervistati riuscirà ad evitare il default mentre il 47% è convinto del contrario. Fiducia, invece, alla Spagna e, a ruota, quindi all'Italia.
Anche Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha dichiarato oggi, intervistato da Bloomberg Tv, che esiste un rischio di default sovrano in Europa. «Il rischio c'è. Dobbiamo fare del nostro meglio per evitarlo».
Simon Johnson, professore al Massachusetts institute of technology, prevede che la Grecia possa uscire e forse, a un certo punto, anche il Portogallo. Per Johnson, ex capo economista del Fondo monetario internazionale «la zona euro uscirà rafforzata da questa crisi, con un nucleo più forte, ma sarà necessaria qualche uscita».
«I problemi in Europa sono stati affrontati, ma solo con un cerotto - ha detto Ted Jarvis, vice presidente della Indiana Trust Company di Anderson, nel panel degli esperti che hanno partecipato al sondaggio - Molti membri dell'area dell'euro non hanno seguito i criteri corretti e si sono scavati una buca profonda».
Per Niall Ferguson, docente all'Università di Harward, l'euro rischia di «disintegrarsi» se i leader dei vari paesi non trovino una comune strategia di politica fiscale.
Non ci sono, però, solo Cassandre «È molto difficile immaginare uno scenario di rottura dell'euro - ha spiegato Kenneth Broux, economista di mercato senior alla Lloyds Tsb corporate markets a Londra -. L'investimento nel progetto politico è troppo elevato e il mercato del debito in Europa è oggi il più grande del mondo». Rassicurano, in questa dichiarazione, le recenti dichiarazioni del cancelliere tedesco Angela Merkel, attesa in un intervento a Davos il 28 gennaio: «Faremo qualsiasi cosa sia necessaria per sostenere l'euro». Facendo sponda al governatore della Banca centrale europra, Jean-Claude Trichet che ha definito in più occasioni «assurda» l'ipotesi che anche solo uno degli attuali membri esca dall'Unione europea.
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