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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 14:23.

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Le agenzie di rating sono troppo pessimiste? Le tre sorelle tra l'incudine finanza e il martello politicaLe agenzie di rating sono troppo pessimiste? Le tre sorelle tra l'incudine finanza e il martello politica

Prima la Grecia, poi il suo sistema creditizio. E poi la Spagna. In questa settimana l'agenzia di rating Moody's è tornata a suonare il campanello d'allarme sulla tenuta dei conti pubblici dei paesi periferici. Attirandosi più di una critica. Il ministro delle Finanze, George Papaconstantinou ha definito «completamente ingiustificata» la decisione dell'agenzia sul debito greco. Per poi rincarare la dose: «Fanno a gara per essere le prime a individuare i rischi della prossima crisi» innescando così un meccanismo di auto-realizzazione in un momento in cui «l'economia globale è fragile».

Le agenzie di rating vedono il bicchiere mezzo vuoto?
In diversi ambienti della politica e della finanza c'è insomma la convinzione che, dopo aver fallito completamente nel predire lo shock del 2008, S&P, Moody's e Fitch preferiscano «vedere il bicchiere mezzo vuoto» nel valutare la situazione del debito di una società o di uno stato. «È un modo di mettere le mani avanti - spiega Massimo Greco, amministratore delegato di J.P. Morgan Asset Management - dopo le brutte figure che hanno collezionato ai tempi della crisi dei mutui subprime. Nel dubbio preferiscono tagliare di più e tagliare prima. Soprattutto se si tratta di debiti sovrani. E questo perché bisogna prendere in considerazione anche fattori politici, la cui valutazione è molto discrezionale. Altro discorso vale per il debito corporate. Qui i rating vengono assegnati in base a conclusioni a cui il mercato è normalmente già arrivato da tempo e su numeri facilmente equivocabili, come i ratios patrimoniali per esempio.».

Le tre sorelle tra l'incudine della finanza e il martello della politica
Angelo Drusiani, gestore obbligazionario di banca Albertini Syz, assolve invece le agenzie di rating. «Il downgrade sul debito della Grecia e sulle principali banche del paese è stata una decisione inevitabile. Al di là del rating, il problema di Atene è la crescita. L'economia continua ad essere molto debole. Se a questo si aggiunge l'incertezza della situazione politica il quadro è completo». Sulla stessa lunghezza d'onda Luca Mezzomo, responsabile ricerca macroeconomica di Intesa Sanpaolo. «In questa fase le agenzie di rating si sono mostrate addirittura più prudenti rispetto al mercato. Il livello degli spread (cioè il differenziale di rendimento nei confronti dei titoli tedeschi) indica un'alta probabilità di ristrutturazione del debito. Certo, l'annunciao dei declassamenti rischia di generare un clima di negatività e pessimismo spesso ingiustificato. In una fase difficile come questa le agenzie di rating sono tra l'incudine e il martello. Se non si muovono gli vengono contestate valutazioni poco credibili. Se tagliano sono oggetto delle critiche degli emittenti».

Il ruolo "pubblico" di società private
La vecchia metafora del "cane che si morde la coda" è utile per spiegare la situazione in cui si trovano i paesi periferici per cui i "downgrade" vengono spesso percepiti come un fardello che rende più difficile la strada, già in salita, della ripresa. C'è insomma il rischio che la situazione si avviti su se stessa. «Di fatto - osserva Greco - le autorità di vigilanza pubbliche hanno delegato a società private, le agenzie di rating, decisioni che hanno un impatto a cascata sui mercati. Si discute da tempo di come sanare quest'anomalia. Mi auguro che si arrivi senza ulteriori ritardi a conclusione sulle valide proposte che sono in discussione in Europa e Stati Uniti».

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