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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2011 alle ore 06:41.

Il treno Groupama-Ligresti è su un binario morto. Il progetto costruito nei mesi scorsi tra la famiglia degli assicuratori-immobiliaristi italiani e la compagnia francese - un piano che avrebbe dovuto traghettare fuori dai guai, con una doppia ricapitalizzazione, la finanziaria Premafin (controllata dai Ligresti) e il suo gioiello Fondiaria-Sai - non è ancora ufficialmente defunto. Ma, nei fatti, dopo la stroncatura della Consob che ha posto su quella partita il macigno di una doppia Opa, i rapporti tra i due partner sono sospesi e non è detto che verranno ripresi.
Nel frattempo la famiglia Ligresti è alla ricerca di altri interlocutori e la via obbligata appare quella di sondare le banche creditrici di Premafin, soprattutto Unicredit che detiene la maggiore esposizione nei confronti della finanziaria.
Ufficialmente le bocche di Premafin e Groupama sono cucite ma da entrambe le parti si ammette che nel fine settimana, dopo aver disdettato l'originario patto di sindacato, si è consumato senza successo il fragile tentativo di costruire un nuovo accordo. Secondo alcune ricostruzioni i Ligresti avrebbero espresso scarso entusiasmo alle avance francesi di ridurre al di sotto del progettato livello del 17% la loro partecipazione in Premafin - così da fugare le preoccupazioni della Consob sull'esistenza di un controllo congiunto – intervenendo invece con maggiore determinazione in FonSai, il terzo gruppo assicurativo italiano e vero oggetto delle loro attenzioni.
Una simile evoluzione dei progetti originari lascerebbe però la famiglia Ligresti priva delle munizioni finanziarie sufficienti per ricapitalizzare la società consentendole a sua volta di prendere parte all'aumento di capitale di FonSai. Un'iniezione da 450 milioni necessaria per mettere in sicurezza i suoi ratios patrimoniali (attualmente in prossimità del livello minimo). Su tutto, poi, grava il sospetto dei due partner che l'operazione non abbia sufficienti coperture politiche per andare avanti in un contesto in cui le relazioni finanziarie tra Italia e Francia sono rese turbolenti da altre partite (Bulgari ed Edison).
Ieri dal presidente della Consob Giuseppe Vegas sono giunte dichiarazioni interlocutorie («Abbiamo fatto una pronuncia, se succedono altre cose vedremo») ma la Borsa fiuta da giorni che il progetto originario si è ormai arenato. Ieri il titolo Premafin ha chiuso la seduta in calo del 3,38% e quello FonSai del 3,35 per cento.
La ricerca di soluzioni alternative per ricapitalizzare Premafin e FonSai non è semplice ma, a questo punto, la partita potrebbe tornare direttamente nelle mani delle banche creditrici, soprattutto quelle più esposte in Premafin (UniCredit) e di FonSai (Mediobanca). I tempi, tra l'altro stringono. Il prossimo 23 marzo il cda di FonSai esaminerà il bilancio 2010 ed il suo nuovo amministratore delegato, Emanuele Erbetta, incontrerà gli analisti finanziari. La previsione è quella di una perdita consolidata netta di diverse centinaia di milioni. Per le settimane successive il gruppo è atteso a un altro difficile snodo, quello del confronto con Standard & Poor's, l'agenzia di rating che potrebbe procedere ad un declassamento del suo punteggio in mancanza di un piano convincente di ricapitalizzazione. Per allora, insomma, le scelte dovranno essere compiute.
I manager del gruppo sono impegnati in queste settimane a «stringere i bulloni» del business della compagnia per migliorare la redditività ed il suo profilo di rischio. In questo ambito è possibile che decidano di utilizzare la carta che già in passato era stata fatta balenare, quella di esercitare la put concessa da Generali per l'investimento immobiliare milanese in City life, uscendo da quell'avventura immobiliare così da fare cassa, rafforzare il patrimonio e concentrare la società nel core business assicurativo.
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