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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 19:57.
Il petrolio corrompe, sostiene Maass, perché è un'industria "estrattiva". La ricorrente tragedia del petrolio è che produce ricchezza ma non ciò che è più necessario nei paesi poveri: il lavoro. Una volta che i pozzi o le raffinerie sono stati costruiti, bastano pochi uomini a mandarli avanti. In tal modo il denaro estratto si riversa su imprese straniere ed è risucchiato da regimi avidi. "Il potere si concentra nelle mani del re, del dittatore o del primo ministro che controlla il territorio e col quale si può trattare anche il più sporco degli affari". Come nel caso della Guinea Equatoriale, dove "Il governo americano pagava l'affitto per la sua ambasciata a un ministro accusato di essere un torturatore".
Salvo poche eccezioni, come la Norvegia o gli Emirati Arabi Uniti, quindi, il petrolio non benedice le nazioni da cui è estratto. "Al contrario: la maggior parte dei paesi petroliferi sono condannati a una condizione di cleptocrazia di pochi, di povertà per la maggioranza, di arretratezza cronica e, cosa peggiore di tutte, di perdita di un'anima nazionale".
In questo "carnevale di peccati", il peccato maggiore è che "il petrolio porta più problemi che prosperità": invasione, povertà, fondamentalismo, inquinamento, anarchia, guerra civile. "Il petrolio indebolisce i legami tra i governi e il popolo, inondando di denaro le casse pubbliche, rafforzando in modo artificiale la valuta locale, quindi rendendo poco competitivo il resto dell'economia ed eliminando la necessità di una spesa saggia. Tutto ciò lacera le società, rendendole vulnerabili alla guerra civile". Tesi confermata da Paul Collier, economista della World Bank: "la dipendenza da commodities primarie aumenta il rischio di conflitto, salvo che tali prodotti siano estremamente abbondanti, com'è il caso dell'Arabia Saudita. In una nazione con alta dipendenza da commodities primarie (circa il 30% del prodotto interno) il rischio è del 23%".
Il libro di Maass, proprio come il romanzo di Conrad, ci conduce all'interno di questo cuore di tenebra, con una serie di storie che rappresentano il devastante impatto del petrolio sui paesi produttori: "La realtà è fantastica solo nel peggiore dei modi". È un'avventura in un mondo popolato da personaggi ben più pittoreschi di Gheddafi: signori della guerra, petro-miliardari, spie, mercenari, trafficanti, faccendieri, politici e uomini d'affari corrotti e corruttori che prendono "orribili decisioni", dove "il diavolo veste in giacca e cravatta", dove "Qual è la tua cifra? Ossia: quanto mi costa corromperti?" non è una domanda ipotetica. Dove "Avere un'anima è un lusso".
L'itinerario tra i petrodisastri parte dal patio dell'hotel Bahia di Malabo, la capitale della Guinea Equatoriale, là dove nel 1970 Frederick Forsyth scrisse gran parte del suo romanzo sui mercenari "I mastini della Guerra". Un paese dove la concorrenza tra Cina e Stati Uniti per i diritti petroliferi ha fatto la fortuna di Teodoro Obiang, dittatore che appare come "una diabolica reincarnazione di Pol Pot e Idi Amin". Il viaggio di Maass raggiunge quindi la Nigeria, paese che negli ultimi anni ha incassato 400 miliardi di petrodollari e dove l'80% degli introiti è andato all'1% della popolazione, dove 9 persone su 10 vivono con meno di 2 dollari il giorno, dove un bambino su 5 muore prima dei 5 anni. È poi la volta dell'Azerbaijan, all'Intourist Hotel, dove alloggiavano i mercenari che combattevano nella guerra contro l'Armenia, dove un uomo d'affari concluse una trattativa puntando la pistola alla testa del suo interlocutore. Un "toxic tour" sulle rive del lago Atrio, in Ecuador, rivela gli effetti devastanti del petrolio sull'ecosistema amazzonico, dove gli uomini vivono in un'atmosfera di realismo magico, quasi protagonisti di un libro di Garcia Marquez. In Venezuela assistiamo ai vaneggiamenti gesticolanti del presidente Hugo Chavez, che ha reincarnato il socialismo in forma di farsa. A Riyadh ascoltiamo le vaghe risposte dei responsabili del ministero del petrolio circa le riserve saudite. In Iraq, a Washington, a Mosca, tra cospirazioni della CIA e dell'ex KGB, Maass intreccia politica e affari, delinea le contraddizioni geopolitiche e umanitarie degli ultimi cinquant'anni, che in tempi più recenti hanno subito una brusca accelerazione in nome dei "valori universali".
Paradossalmente, in questa trama d'intrighi Maass non cede agli stereotipi politicamente corretti. Le compagnie petrolifere, pur presentate nel loro lato più oscuro, complici delle nuove guerre asimmetriche, fornitrici di NLW, nonlethal weapons (ad esempio il supporto logistico a forze governative e/o ribelli), non appaiono l'incarnazione del Male Assoluto. Dopo tutto, nota Maass, fanno quello che deve fare ogni società: massimizzare i profitti. Il problema è che ciò accade in alcune delle nazioni più corrotte del mondo. Né sembrano comportarsi meglio le compagnie nazionalizzate che stanno rimpiazzando le multinazionali private.
Il problema, nel libro di Maas, è un altro. "È che non elabora a sufficienza", nota Robert Kaplan, giornalista e ricercatore del Center for a New American Security. "Non approfondisce, non ci dà un accenno di ciò che sarà il panorama geopolitico, quando la produzione petrolifera raggiungerà il suo picco e comincerà a diminuire. E conclude ‘Crude World' con una visione di mulini a vento nella California del sud, icona di nuove fonti energetiche…". La sua debolezza, per Kaplan e altri commentatori, è che non propone alternative convincenti, e alla fine si dimostra soprattutto un ambientalista intransigente: cambieremo perché dobbiamo farlo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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