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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 07:59.

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Parmalat all'ultima chiamata. Intesa al lavoro sulla cordataParmalat all'ultima chiamata. Intesa al lavoro sulla cordata

MILANO - Frenetiche ore di lavoro della "cordata tricolore" per Parmalat. Manca un giorno al fatidico consiglio di amministrazione del big del latte sul rinvio dell'assemblea dei soci (il 12 aprile) che deciderà il destino del gruppo alimentare. È l'ultima chiamata per la cordata tricolore che però ancora non prende forma. Il pallino è in mano a Intesa Sanpaolo e queste ultime 24 ore saranno cruciali per tentare di costruire un progetto serio e credibile che faccia rimanere italiana la Parmalat: ieri sera la sensazione era che tutto è possibile, il successo o l'insuccesso. I vertici della banca, Corrado Passera e Gaetano Micciché in prima fila, assieme agli avvocati di fiducia dello Studio Pedersoli, si prenderanno tutto il tempo, fino all'ultima ora utile prima del cda di domani.

Quella di far pervenire sul tavolo del board una proposta è l'unica chance per rinviare l'assise e tentare un'alternativa all'affondo di Lactalis, la multinazionale francese che ha conquistato il 29% dell'ex gruppo di Calisto Tanzi. Ma lo sforzo è enorme: ci vogliono tre miliardi di euro per provare ad avere la maggioranza. E soprattutto occorre un imprenditore, un nome di peso, che possa fare da catalizzatore.

Alla finestra c'è Ferrero, il colosso dolciario piemontese, anche se col passare dei giorni le diffidenze della famiglia di Alba sembrano aumentare. Granarolo, concorrente di Parmalat e partecipata al 20% da Intesa, si è già candidata, senza mettere liquidità, ma risolverebbe solo l'aspetto industriale, con l'idea del famoso polo italiano del latte (Antitrust permettendo). Ma altrettanto cruciale è il nodo del sostegno finanziario: qui si rincorrono, finora non confermati, i nomi i Equinox, il fondo di private equity di Salvatore Mancuso, e quello della merchant bank Palladio Finanziaria (salotto buono della provincia veneta).

Il crinale su cui ci si muove è sempre più stretto: l'unica speranza per la cordata italiana è che il cda del gruppo rinvii l'assise dei soci a giugno, come previsto dal decreto "Anti-scalata" del ministro Tremonti. Una proroga indispensabile alla cordata per mettere in piedi una contro-offerta. Ma per farlo ci vuole una motivazione giuridicamente valida in cda, come appunto quella di un'offerta. Lo statuto di Parmalat (che riprende il codice civile) prevede già, infatti, la possibilità di un rinvio a 180 giorni dell'assemblea (fino al 30 giugno) rispetto ai 120 giorni tradizionali.

E il cda ha già optato per quest'ultima scelta, per cui ora una modifica sarebbe difficile da motivare e sostenere in consiglio perché vorrebbe dire smentire sé stessi. Il nodo giuridico è spinoso e tutti i board member stanno sondando i loro avvocati per capire quali spazi di manovra ci sono. Il super manager Enrico Bondi finito sotto attacco dai fondi d'investimento esteri (poi usciti dall'azionariato) e ora con i francesi in casa, dovrebbe trovarsi di fronte un'offerta concreta per poter decidere un rinvio e non trovarsi in una posizione di governance scomoda.

La tensione è tale che c'è anche chi pensa che il risanatore di Parmalat, che è riuscito a tenere unito l'impero del latte dopo il mega-crack da 14 miliardi di euro, potrebbe anche ricorrere alle dimissioni senza una proposta dalla cordata, ma lo stesso Bondi ieri ha smentito un'ipotesi di tal genere.

A dare manforte al fronte dei sostenitori di un rinvio è scesa anche la Confconsumatori: l'associazione ha presentato un esposto alla Consob contro Lactalis sospettando acquisti di concerto e quindi una violazione della legge sull'Opa. Dal canto suo il colosso francese della famiglia Besnier, vistasi presa di mira dal Governo italiano, cerca di tendere la mano e ammorbidire i toni cercando di sfatare l'idea di una Lactalis colonizzatrice (ricordando per esempio che in Canada Lactalis è distribuita proprio da Parmalat): i francesi non sono contrari all'idea di far entrare un partner.

Anzi la presenza sarebbe pure gradita: nei giorni scorsi alcuni hanno anche ricordato il modello Telco, ossia la soluzione trovata per la Telecom Italia post-gestione di Marco Tronchetti Provera (con dei soci finanziari italiani e il socio industriale estero, in quel caso la spagnola Telefonica). Ma la condizione è che Lactalis possa svolgere senza intoppi il suo piano industriale e commerciale.

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