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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 13:25.

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Dopo gli Usa, S&P pronta a tagliare l'outlook sui giganti dei mutui Fannie Mae e Freddie MacDopo gli Usa, S&P pronta a tagliare l'outlook sui giganti dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac

Dopo la bacchettata sugli Stati Uniti Standard & Poor's ha rivisto in peggio anche le prospettive di rating sui due giganti pubblici dei mutui: Freddie Mac e Fannie Mae. Anche su di loro il prestigioso rating a tripla A potrebbe finire in discussione, dato che i legami a doppio filo che li stringono al governo federale implicano che l'eventuale degradazione delle valutazioni sugli Usa si ripercuota immediatamente su questi due giganteschi "enti".

Se la decisione era scontata, la rilevanza della vicenda deriva dalla mole di attività che ne vengono coinvolte, specialmente guardando a quelle in mano a investitori esteri.

Secondo Paul Norris, della Dwight Asset Management citato dal Financial Times, gli investitori dell'Asia possiedono qualcosa come 1.000 miliardi di dollari di emissioni di Fannie Mae e Freddie Mac. In caso di declassamento di rating questi titoli subirebbero un immediato deprezzamento, anzi già in prospettiva potrebbero indebolirsi: S&P ha avvertito che i rating dei due gruppi verranno abbassati se verrà tagliato quello sui titoli di Stato Usa, e in precedenza aveva precisato che l'outlook negativo implicava all'incirca una possibilità su tre di sfociare in un downgrade nell'arco di due anni se Washington non riuscirà a avviare un risanamento del deficit di bilancio.

Il tutto mentre una delle particolarità in cui è finita l'economia statunitense nel dopo crisi è proprio quella che riguarda il settore dei mutui. Freddie Mac e Fannie Mae sono state salvate dal tracollo tramite massicci interventi pubblici, e sono ora controllati dallo Stato, assieme al terzo ente pubblico del settore, Ginnie Mae controllano circa il 95 per cento dei mutui per l'acquisto di casa concessi negli Usa. Intanto nella settimana pre-pasquale gli annunci di S&P hanno finito per indebolire il dollaro; tra bassi volumi oggi le contrattazioni sono proseguite sul mercato dei cambi e l'euro è risultato poco mosso attorno a 1,4570 dollari.

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