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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2011 alle ore 07:51.

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Esattamente un anno fa i Paesi dell'area euro intervennero in una storica riunione del Consiglio europeo per salvare la Grecia, istituire un sistema di assistenza finanziaria e fermare il contagio che era arrivato a lambire anche la Francia. Da allora per dodici mesi i Governi dei 17 Paesi si sono confrontati per costruire una "soluzione complessiva" che desse risposta ai molti problemi emersi nei due anni precedenti.

Quali problemi? Una migliore governance economica, un calendario di impegni e verifiche reciproci, un meccanismo permanente di soluzione delle crisi, un patto per rendere più competitivi i Paesi e infine un nuovo sistema di regolazione finanziaria. Nei Consigli europei di marzo hanno così costruito una cornice di medio termine convincente, anche se da verificare nella sua concreta attuazione. Tuttavia se questi dodici mesi sono stati una lunga Odissea istituzionale, Ulisse alla fine del suo viaggio non si è ritrovato a Itaca. Infatti ciò che era rimasto fuori dalla soluzione complessiva era proprio la Grecia.

La convinzione che Atene potesse tornare a finanziarsi sui mercati entro un anno e che quindi non avesse più bisogno di assistenza era ingenua. Il nuovo declassamento dei titoli greci, ieri, da parte di Standard & Poor's dà appieno il clima di sfiducia nei mercati che sui bond decennali chiedono un impossibile 15,63%. L'ultimo rapporto della troika (Ue-Bce-Fmi) sull'economia greca riconosce che ci vorranno 5-6 anni per recuperare il 10% della competitività persa dal Paese. Ce ne vorranno altrettanti dunque per chiudere il divario accumulato, stabilizzare la bilancia dei pagamenti e non dover dipendere troppo da finanziamenti esteri.

La nuova cornice europea non agevola il riequilibrio dell'economia greca su un periodo tanto lungo. Dopo il 2013 anzi le condizioni degli aiuti peggioreranno. I tassi a cui il nuovo meccanismo di stabilità presterà denaro sono penalizzanti. È vero che nel 2015-2016 il Fondo monetario prevede una crescita vigorosa dell'economia, ma tassi d'interesse del 6% su un debito pari al 160% del Pil richiederebbero una crescita doppia di quella stimata. Inoltre dopo il 2013 ogni titolo del debito greco porterà una clausola che esplicita il rischio di perdite per gli investitori privati in caso di insolvenza. Difficile che ciò faccia calare i tassi.

Bisogna essere chiari. Atene va aiutata con prestiti a tassi almeno pari a quelli medi dell'area euro, qualunque cosa dica la Corte costituzionale tedesca, oppure non ce la farà. E se non ce la farà sappiamo che l'intera area dell'euro ne sarà coinvolta: le banche tedesche, francesi e olandesi, i Paesi della periferia su cui si scatenerà il contagio e infine le stesse banche centrali che negli ultimi tre anni sono subentrate alle banche commerciali nel finanziare gli squilibri delle bilance dei pagamenti dei Paesi euro e a cui fanno capo quindi centinaia di miliardi di debiti e crediti finanziari. Le reazioni di questi giorni alle cattive notizie greche sono solo un antipasto.

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