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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2011 alle ore 07:51.
L'Italia è paradossalmente al centro di questo gioco. Da giugno 2013 l'attuale fondo di assistenza finanziaria (Efsf) sarà sostituito dal Meccanismo europeo di stabilità (Esm) che avrà una capacità di 500 miliardi. Se il Fondo monetario continuerà ad affiancare gli aiuti europei, il totale delle risorse sarà di 750 miliardi. Un volume di prestiti sufficiente a coprire tre anni di finanziamenti pubblici dei Paesi della periferia: Grecia, Irlanda, Portogallo e anche Spagna. Se uno solo di questi fallisse - facciamo appunto l'ipotesi della Grecia - i mercati aumenterebbero di molto il premio al rischio dei Paesi più indebitati. Anche l'Italia finirebbe per trovarsi in difficoltà. In questa ipotesi - certamente irrealistica - Roma dovrebbe chiedere assistenza ai partner e gli altri Paesi dovrebbero recuperare altri 800 miliardi per la copertura di tre anni di finanziamento del debito italiano. Il totale delle garanzie che i Paesi a tripla-A dell'Eurozona si troverebbero a sottoscrivere sarebbe tale da metterli in difficoltà. Per Francia e Germania significherebbe impegnarsi per il corrispettivo del 20% del Pil nazionale. I debiti pubblici dei due Paesi implicitamente aumenterebbero di altrettanto e la Francia perderebbe immediatamente la tripla A. L'onere finirebbe quasi interamente sulle spalle della Germania che a sua volta sarebbe schiacciata da un peso paragonabile a quello della riunificazione tedesca. Di fatto dunque salvare l'Italia sarebbe impossibile.
Per questo la "soluzione complessiva" dei Consigli di marzo non si è occupata granché di Grecia, ma si è occupata molto chiaramente dell'Italia introducendo criteri di stabilità fiscale centrati sulla riduzione del livello del debito pubblico. Questa è la responsabilità che dovrebbero avere chiara ogni giorno i legislatori italiani.
Se tutto ciò non fosse sufficiente e se alla fine l'Italia - come detto si tratta di ipotesi estreme - dovesse essere salvata, non resterebbe che la Bce, chiamata come negli ultimi due anni ad acquistare direttamente o indirettamente i titoli pubblici. Anche una banca centrale tuttavia può far leva sulla quantità di moneta solo entro certi limiti, che probabilmente si esaurirebbero attorno al 2015-2016. Oltre quella data dovrebbe stampare moneta e accettare che ciò significhi un'inflazione crescente. Questo non è ammissibile per Statuto e non è accettabile per molti cittadini europei che giustamente la considererebbero una violazione dei Trattati europei.
A ben vedere non è difficile comprendere per quale ragione la cancelliera Merkel - oltre che per nascondere i problemi delle proprie banche - debba ancora essere convinta che un banchiere centrale italiano, anche se riconosciutamente migliore di tutti gli altri candidati, sia la risposta giusta ai problemi dell'Eurozona.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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