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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 07:50.
Il piccolo Libano si regge su un paradosso; il Paese del Medio Oriente più instabile politicamente, da alcuni anni è il più stabile sul fronte finanziario.
E continua ad esserlo. Nel pieno delle rivolte arabe, le banche commerciali libanesi continuano a macinare profitti, distribuendo corposi dividendi agli azionisti. I depositi crescono, salgono le riserve valutarie, ancora di più i prestiti al settore privato. Senza un Governo da ormai quattro mesi, e senza un budget da quattro anni, il Libano si trova in una posizione anomala: se la carenza di liquidità resta uno dei maggior problemi che assillano i banchieri del mondo occidentale, qui è tutt'altro che un problema.
Il Paese dei cedri, ostinatamente, percorre un binario suo. «Nel resto del mondo i Governi sono dovuti intervenire con denaro pubblico per sostenere e in alcuni casi salvare le banche - precisa Nassib Ghobril, capo economista della Byblos Bank, la terza banca del Paese - in Libano sono invece le banche a finanziare il Governo e il suo ingombrante debito pubblico (oggi al 132% sul Pil)». Un meccanismo che il governatore della Banca centrale del Libano, il cristiano maronita Riad Salameh, non manca mai di sottolineare.
La svolta è avvenuta nel 2008 - l'ultima grande crisi - quando le milizie di Hezbollah conquistarono il settore occidentale di Beirut sbaragliando le milizie sunnite filogovernative. Sembravano tornati gli anni bui. Eppure quell'anno si chiuse con dati macroeconomici e finanziari sorprendenti.
Un trend continuato fino al 2010. Ed ecco i numeri record del 2010: l'attività consolidata delle 54 banche ha raggiunto i 128,9 miliardi di dollari, segnando una crescita del 12% sul 2009, che a sua volta aveva registrato un aumento del 22 per cento. I depositi privati sono arrivati a 107,2 miliardi (+12% rispetto al 2009). Tre volte e mezza il valore del Pil e la maggior quota tra i 18 Paesi dell'area Mena (Nord Africa e Medio Oriente). I prestiti ai privati, uno degli incubi degli imprenditori di mezzo mondo, sono saliti a 35 miliardi (+23,2%). Il rapporto dei prestiti al settore privato sui depositi è oggi del 32,6 per cento. Ben al di sotto dei limite del 70% imposto dalla Banca centrale. La linfa vitale dei depositi restano le rimesse dei libanesi all'estero, che hanno dirottato i loro investimenti attratti anche dai tassi d'interesse sui depositi in lira libanese (circa il 5-6%, più del doppio rispetto a quelli in dollari).
Si temeva che l'epocale rivolta dei Paesi arabi, iniziata nel gennaio di quest'anno con la crisi tunisina e ora sconfinata nella vicina Siria, potesse avere un effetto dirompente su un Paese comunque grande quanto l'Abruzzo, con soli 4 milioni di abitanti. Anche perché oggi lo scenario macroeconomico è ben altro: il Pil, che dal 2007 al 2010 è cresciuto con una media superiore all'8% - ha interrotto la sua corsa (si stima +2,5-3% nel 2011), il debito pubblico si sta gonfiando, la bilancia dei pagamenti ha segnato un deficit, mentre l'inflazione ha rialzato la testa (+ 6%). Il sistema bancario finora non ne ha risentito, e comunque sembra aver sviluppato un'immunità tutta sua alle ricorrenti crisi politiche. Da gennaio a marzo 2011, i profitti netti di Bank Audi, la prima banca, sono cresciuti del 13% (+22% nel 2010), quelli di Bloom, la seconda, dell'11,5. «Nel primo trimestre Byblos ha registrato un aumento record del 22% - precisa Ghobril -. Apriremo nuove sedi all'estero».
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