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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 08:55.
L'ultima modifica è del 11 maggio 2011 alle ore 09:06.
Riad Salameh ha avuto ancora ragione. L'uomo alla guida della Banca centrale del Libano dal '93, eletto da Euromoney e The banker magazine miglior governatore centrale del mondo per tre volte e per due volte miglior governatore del mondo arabo, ha dalla sua i numeri. Il settore bancario del Libano continua a registrare performance di tutto rispetto. Nel mezzo delle rivolte arabe Salameh, 61 anni, non ha timori per il futuro. Nel 2003 decise di vietare alle banche libanesi di acquistare titoli derivati, creando regole draconiane per preservare i depositi. Fu giudicato un reazionario. A torto.
Oggi si ripresenta il pericolo di nuovi derivati, come gli Etf, potenzialmente tossici. Ha preso qualche misura?
In Libano le banche non possono acquistare Etf con i loro fondi. Ogni derivato deve essere approvato alla Banca centrale, anche se venduto solo ai clienti. Di recente abbiamo rafforzato le misure: ogni collocamento privato, anche per meno di 20 clienti, deve essere da noi autorizzato prima di essere eseguito dai clienti.
Ma nel resto del mondo quali sono i pericoli reali?
Il problema degli Etf è che non esiste un mercato regolato. Non siamo in grado di sapere se questi strumenti siano interamente coperti, o se nascondano forme di indebitamento. E nessuno può esercitare un controllo effettivo. Specie per le commodity, come l'oro. Oggi, con i tassi d'interesse quasi a zero e con l'attuale spesa monetaria in Europa e negli Usa, le banche stanno cercando liquidità, creando entrate dalla vendita di Etf o altri derivati in un periodo in cui regole e controlli non sono sufficienti.
Torniamo al Libano. Anche nel 2010 le banche hanno registrato perfomance eccellenti.
Quali sono le ragioni?
Le nostre banche devono allocare i loro fondi nel seguente modo: un terzo al credito per il settore privato, un terzo alla Banca centrale e un terzo deve restare liquido. Una regola che comunque ci ha permesso l'anno scorso di registrare un aumento del 20% dei crediti al settore privato. Abbiamo dunque una solida e intatta base per una crescita futura.
Eppure l'Fmi ha stimato una frenata del Pil al 2,5% e un aumento del già alto debito pubblico.
Prudenza. La Banca centrale annuncia le stime a metà anno a causa della volatilità del nostro Paese. L'Fmi potrebbe rivedere questi dati. Lo scorso gennaio c'è stato un brutale cambiamento nel Governo, scatenato dalle dimissioni di alcuni ministri. E i mercati hanno reagito negativamente. I dati relativi a febbraio e marzo dimostrano però che la crescita dei depositi è ripresa, che la bilancia dei pagamenti è tornata in attivo. L'economia è rallentata, ma quando il Governo sarà costituito le cose cambieranno. Certo, la crescita del settore bancario sarà più modesta. Ma ci aspettiamo un aumento dei deposti del 5-7%, sufficiente per coprire le necessità private e pubbliche del Paese.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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