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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2011 alle ore 19:05.
È stato evitato il possibile e temuto effetto Strauss-Kahn sui piani di salvataggio dell'Eurozona. Durante la delicata riunione dell'Eurogruppo a Bruxelles è stato dato - pur con qualche concessione alla riottosa Finlandia - il via libera al piano di aiuti da 78 miliardi per il Portogallo; ed è stata avviata la discussione sulla eventualità di concedere altri prestiti alla Grecia, di nuovo in piena emergenza. Discussione alla quale il direttore del Fondo monetario internazionale, alle prese con un clamoroso scandalo sessuale a New York e ancora in carcere, avrebbe dovuto partecipare. Dsk è stato sostituito, invece, da uno dei vicedirettori del Fondo, l'anglo-egiziana Nemat Shafik. «Siamo fiduciosi che ci sarà una continuità totale nel processo decisionale dell'Fmi», ha tranquillizzato il portavoce della Commissione Ue. A tarda sera, infine, l'Eurogruppo ha indicato all'unanimità il governatore di Bankitalia e presidente del Financial stability forum, Mario Draghi, per la presidenza della Bce (si legga più avanti per i particolari).
Semaforo verde per Lisbona
Il primo segnale che i danni sono stati limitati è stato il via libera all'unanimità dei ministri dell'Eurozona al piano del Portogallo, senza ritardi rispetto alle attese. Piano triennale targato Ue-Fmi, con due terzi dei prestiti che saranno erogati dalla Ue (con i gli strumenti dello Esfm e dello Efsf) e un terzo dal Fondo. È il terzo piano di salvataggio varato da Ue ed Fmi, dopo quello da 110 miliardi della Grecia e quello da 85 miliardi per l'Irlanda. Nessuna indicazione è ancora arrivata sul tasso di interesse che sarà applicato a tali prestiti e sulla tempistica delle varie tranche.
In cambio degli aiuti - come si ricorda nel comunicato di Eurogruppo ed Ecofin - Lisbona si impegna ad attuare un severo programma di austerity basato su tre pilastri: un ambizioso risanamento delle finanze pubbliche per riportare il deficit sotto il 3% entro il 2013; riforme strutturali per sostenere la crescita e la competitività dell'economia portoghese, a partire da mercato del lavoro, sanità e dalle privatizzazioni; misure per ricapitalizzare in maniera adeguata il settore bancario.
Superato l'ostacolo Finlandia
Il sì della Finlandia - fino all'ultimo in bilico per il no agli aiuti da parte del partito di estrema destra Veri Finlandesi - è arrivato dopo l'accettazione dalle condizione poste da Helsinki: Lisbona dovrà avviare «un ambizioso programma di privatizzazioni» e si dovrà «impegnare ad incoraggiare gli investitori privati a conservare le loro esposizioni su base volontaria».
Quest'ultima, in particolare, è una novità assoluta. Nei salvataggi di Grecia e Irlanda infatti non è stato chiesto al paese di convincere gli investitori privati detentori di obbligazioni statali di non liquidare le loro prosizioni.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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