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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2011 alle ore 18:48.
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Sino al 30 maggio, data della missiva ai sindacati, il progetto pareva imperniato, sul fronte occupazionale, su oltre 5mila persone da ricollocare sulla front-line con i clienti e riconvertire a ruoli commerciali (in tre anni), a fronte di circa 8mila "efficientamenti totali", con i dipendenti del gruppo che avrebbero dovuto calare da 101mila circa a fine 2010 a 98mila a fine 2013 per effetto del blocco del turnover. Il tutto per ottenere 770 milioni di risparmi di costo nel triennio. Una manovra che segue il massiccio esodo volontario attuato dopo la fusione del 2 gennaio 2007.
Le reazioni dei sindacati: risponderemo adeguatamente alle provocazioni
La lettera di Intesa Sanpaolo ha scatenato le reazioni dei sindacati. In una nota unitaria, la delegazione trattante del gruppo di Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Sinfub, Ugl E Uilca afferma che «l'azienda fornisce oggi una nuova e preoccupante interpretazione delle linee di intervento tracciate al momento della presentazione del Piano d'Impresa, arrivando a dichiarare eccedenze di organico per oltre 10.000 unità, che rappresentano un inedito rispetto alle dichiarate previsioni di 8.000 efficientamenti con 5.000 persone da riconvertire ai ruoli commerciali. Spicca come una smaccata contraddizione, rispetto alle posizioni assunte dall'Abi nel confronto nazionale, il possibile ricorso al Fondo di Solidarietà di Settore per gestire l'uscita di personale in caso di mancata riqualificazione dei 5.000 addetti. La richiesta di "riduzione strutturale del costo del lavoro di almeno 300 milioni di euro con effetto dal 1° gennaio 2014" appare come una assoluta novità, in contrasto con quanto esposto in occasione della presentazione del Piano d'Impresa, in cui si stimava una crescita di pari importo (valutabile nell'1,1%) delle spese per il personale. La drastica riduzione del costo del lavoro, l'innalzamento della soglia da 8.000 a oltre 10.000 eccedenze di personale e gli interventi prospettati e aggiuntivi sugli accordi di armonizzazione, che scadono a fine anno, sono uno segnale gravissimo per le lavoratrici e i lavoratori di Intesa Sanpaolo, che respingiamo fin da ora. Unico dato certo è che la banca intende raggiungere gli obiettivi del Piano d'Impresa attraverso la riduzione del costo del lavoro confermando quindi la tesi degli analisti, che gli obiettivi di crescita, contenuti nel Piano, sono troppo ambiziosi. In assenza di novità rilevanti, i sindacati, in stretto raccordo con le segreterie nazionali e i lavoratori del gruppo, sapranno rispondere adeguatamente alle provocazioni che giungono dalla controparte».
Sileoni (Fabi): vergognoso dichiarare 10mila esuberi in "banca di sistema"
Secondo Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, la prima organizzazione sindacale del settore bancario che conta oltre 100mila iscritti sui circa 330mila dipendenti del settore in Italia, «È sconcertante e socialmente "vergognoso" che il gruppo Intesa, in un momento così difficile per il Paese e per il mondo del lavoro, dichiari 10mila esuberi, a maggior ragione per un gruppo che ha l'ambizione di porsi come la banca "di riferimento" della nazione. È altrettanto sconcertante poi il silenzio della classe politica.. Il sistema bancario agisce con politiche scellerate tendenti, da una parte, a creare più precari possibile e, dall'altra, a emarginare i lavoratori bancari 50enni, che corrono il serio rischio di essere, attraverso l'introduzione dell'indennità di disoccupazione nel settore del credito, obbligatoriamente pre-pensionati. Stiamo parlando di circa 30mila lavoratori che le banche pretendono di prepensionare obbligatoriamente in tutto il settore». Per Sileoni «la riforma del nostro ammortizzatore sociale, il Fondo esuberi, che ha permesso un pre-pensionamento e un pensionamento morbido e volontario di 30mila lavoratori dal 2000 a oggi, è bloccata per colpa degli istituti di credito e di quei banchieri che vogliono continuare a produrre utili e dividendi per i loro azionisti soltanto sulle spalle dei lavoratori, nonostante le organizzazioni sindacali abbiano dato ampia disponibilità per una soluzione condivisa. I sacrifici vengono chiesti solo ai lavoratori mentre alti dirigenti e banchieri vedono salire i loro stipendi e le loro stock option».
Sileoni (Fabi): intervenga il Governo
«L'intera categoria è da anni un cantiere aperto a causa di un moltiplicarsi e susseguirsi di piani industriali che hanno creato confusione tra la clientela e tra i lavoratori attraverso modelli organizzativi e distributivi che cambiavano di anno in anno. Questa storia va avanti senza sosta dal 2006, anno della nascita dei grandi Gruppi bancari. Non esiste in Italia un'altra azienda privata che decide di privarsi di 10mila posti di lavoro e non esiste, in Italia, un altro settore come quello bancario oggetto di tagli al personale così drammatici e consistenti. Tra pochi giorni le organizzazioni sindacali presenteranno la nuova piattaforma rivendicativa del contratto nazionale di lavoro e le banche hanno già fatto sapere che non intendono applicare neanche gli aumenti inflattivi che le stesse hanno sottoscritto e concordato nel 2009 con l'attuale governo. È auspicabile un intervento del ministro del Lavoro, Marzio Sacconi, e di quello dell'Economia, Giulio Tremonti, dello stesso governo e di tutte le forze politiche che hanno realmente a cuore le sorti dei lavoratori», conclude Sileoni.
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