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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2011 alle ore 08:03.

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Prima si è sparsa la voce che Standard & Poor's possa presto tagliare il rating degli Stati Uniti. Poi sui mercati è arrivato l'ennesimo segnale economico negativo: l'indice del settore manifatturiero Usa è calato da 55,3 di giugno a 50,9 di luglio, segnalando una consistente frenata dell'economia. Così, sebbene il Congresso americano abbia raggiunto l'accordo che evita il default degli Stati Uniti, Wall Street non è riuscita a tirare neanche un sospiro di sollievo: anche ieri ha perso lo 0,41%.

Eppure a pagare il conto più salato delle pessime notizie arrivate dall'America sono state le Borse europee: Parigi ha ceduto il 2,31%, Francoforte il 2,86%, Londra lo 0,70%. Piazza Affari, con un ribasso del 3,87%, è stata la peggiore. In una seduta ha bruciato quasi 15 miliardi di euro, con titoli come Fondiaria Sai (‐9,19%), Mps (-7,87%) e Intesa Sanpaolo (-7,86%) in picchiata. In frenata anche l'euro, che ha toccato il nuovo minimo storico sul franco svizzero (1,1032) ed è sceso fino a 1,4190 sul dollaro (recuperando sul finale).

Ci si potrebbe chiedere: come mai se S&P minaccia di declassare gli Stati Uniti e l'economia Usa frena, a crollare sono soprattutto le Borse europee? È tutta speculazione? No, o quantomeno non solo: una risposta razionale c'è. Sia l'Europa sia gli Usa hanno due grossi problemi: un debito pubblico abnorme e un'economia stagnante. Per ridurre il fardello del debito servirebbe una robusta ripresa economica, ma il Pil arranca e dunque il cappio del debito si stringe. Il problema è uguale su entrambe le sponde dell'Atlantico. I mercati lo sanno, ma continuano a percepire il Vecchio continente più debole del Nuovo. Ecco perché anche quando le notizie negative arrivano dagli Usa, chi vuole scappare dal rischio vende soprattutto azioni e bond europei: in una gara di 'bruttezza', è ancora l'Europa a spaventare di più.

Le scintille in America
La seduta ieri era iniziata bene, perché nella notte Repubblicani e Democratici avevano trovato l'accordo per alzare il tetto del debito Usa: intesa che evita un clamoroso default degli Stati Uniti. Tutti si aspettavano dunque un grande rimbalzo delle Borse. Purtroppo però, a questa notizia positiva hanno fatto da contraltare due elementi negativi. Il primo sta proprio nelle pieghe di quell'accordo: analizzandolo bene, gli economisti hanno capito che il compromesso politico è decisamente più blando di quanto le agenzie di rating chiedevano. Morale: tanti hanno iniziato a ipotizzare che Standard & Poor's possa comunque declassare il rating degli Stati Uniti. Presto.

Alle ore 16, italiane, è arrivata l'altra doccia fredda: l'indice Ism, che misura l'attività manifatturiera negli Stati Uniti, è uscito al minimo dal 2009. Tradotto: l'economia Usa, come dimostra anche il dato sul Pil uscito settimana scorsa, frena. La ripresa non c'è. E se l'economia non decolla, il maxi-debito pubblico Usa ‐ sempre più vicino al 100% del Pil ‐ difficilmente potrà essere ridotto: la ripresa economica è infatti l'unica vera medicina contro il mal di debito. Tutto questo penalizza, ovviamente, Wall Street. Che resta in negativo tutto il giorno, tentando un rimbalzo solo in chiusura.

L'incendio in Europa
Il problema è che anche l'Europa soffre. Proprio ieri l'analogo indicatore sull'attività manifatturiera dell'area euro è uscito a quota 50,4: minimo dal settembre 2009. Anche nel Vecchio continente il fardello del debito pubblico diventa dunque sempre più pesante: perché anche qui manca il toccasana della ripresa economica. Questa situazione sta anche peggiorando i conti delle società: secondo un'analisi di Bloomberg, il 53% delle aziende europee che fino ad oggi ha pubblicato i conti semestrali ha deluso le aspettative degli economisti. Morale: gli investitori hanno venduto, anche ieri, ciò che ritengono più rischioso. Soprattutto i titoli bancari (il settore ha perso in Europa il 2,04% e a Milano il 5,85%) e titoli di Stato italiani o spagnoli: non si bada tanto ai fondamentali, ma alla nazionalità delle società, al rischio Paese. La spirale è quella di sempre.
Resta però la domanda principale: perché l'Europa deve soffrire più degli Stati Uniti? I motivi possono essere tanti, sintetizzabili così: nel concorso di 'bruttezza' il Vecchio continente appare peggiore. Ha un sistema politico ancora più incapace di reagire alle crisi (dato che non esiste un'Unione Europea paragonabile allo stato federale Usa), non ha il dollaro (che essendo valuta di riserva mondiale lo rende più resistente), non ha la potenza di fuoco della Federal Reserve Usa (già pronta a nuove misure d'emergenza). E non ha un settore industriale agile come quello americano: non è un caso che ieri la riscossa finale sia arrivata da società come Caterpillar.

m.longo@ilsole24ore.com

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