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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2011 alle ore 08:04.

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NEW YORK - La Federal Reserve ammette che i rischi per l'economia americana sono aumentati. E risponde che, di conseguenza, manterrà i tassi d'interesse a livelli vicini allo zero non soltanto per un generico «prolungato periodo», come indicato finora, ma probabilmente per almeno altri due anni.

La Banca centrale, con una decisa presa di posizione, ha voluto correre in soccorso di un'economia parsa nuovamente a rischio di recessione e di mercati scossi da crisi di fiducia. Il governatore Ben Bernanke e i suoi colleghi del Fomc, il vertice della Fed, non hanno annunciato per il momento nuove e aggressive azioni di politica monetaria. Ma non sono rimasti a guardare: «Anticipiamo condizioni economiche - compresi bassi tassi di utilizzazione delle risorse e bassa inflazione nel medio periodo - che probabilmente richiedono livelli straordinariamente bassi di tassi interbancari almeno fino alla metà del 2013», hanno scritto nel comunicato.

Ancora: hanno denunciato una crescita «significativamente più debole» delle loro attese - lo 0,8% nei primi sei mesi del 2011 accompagnata da una disoccupazione superiore al 9% - solo in parte a causa di shock quali la tragedia giapponese o i costi dell'energia. Una crescita, hanno aggiunto, che continuerà a «frenare anche nei prossimi trimestri». Hanno inoltre rivelato, senza fornire dettagli, di aver discusso un «ventaglio di strumenti a disposizione per promuovere una più robusta ripresa economica in un contesto di stabilità dei prezzi». La posizione della Fed è stata adottata a maggioranza con sette voti a favore e tre dissenzienti, quelli dei falchi anti-inflazione.

L'allarme per nuovi focolai di crisi economica e finanziaria, che si è aggravato quando Standard & Poor's ha declassato venerdì scorso il debito americano, non è svanito. I mercati hanno dato credito alla Fed, chiudendo in significativo rialzo, ma la volatilità durante la seduta è stata elevata. Inviti all'America e all'Europa a sanare le loro finanze sono giunti anche dalla Cina: preceduto da una telefonata tra il vicepremier cinese Wang Qishan e il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner, il premier Wen Jiabao ha invitato tutti «i rilevanti Paesi ad adottare responsabili politiche monetarie e fiscali per ridurre i deficit e gestire adeguatamente la crisi del debito, per assicurare stabilità ai mercati e preservare la fiducia degli investitori».

Il messaggio della Fed ha dimostrato che Bernanke considera oggi la fragilità della ripresa ben più di un 'soft patch', una debolezza temporanea. Ma che non vede ancora rischi di crolli che giustifichino il lancio di immediate e spesso controverse manovre eccezionali. Bernanke, secondo quanto affiorato del dibattito interno alla Fed, potrebbe in futuro se necessario far scattare un Quantitative Easing 3, nuovi acquisti di bond, dopo la fine del QE2 in giugno. Prima di questo potrebbe ricorrere a una modifica nella composizione del gigantesco portafoglio titoli della Fed - gonfiato a 2.850 miliardi di dollari dalle precedenti campagne contro la recessione - allungando le scadenze medie e tenendo così bassi i tassi a lunga. Potrebbe, infine, cancellare gli interessi che paga alle banche sulle riserve depositate presso la Fed, stimolando i prestiti. La prossima occasione di affinare il suo pensiero e le sue armi anti-crisi Bernanke potrebbe averla il 26 agosto, al summit internazionale di Jackson Hole in Wyoming.

È soprattutto l'ipotesi di un QE3 a far discutere: divide gli stessi vertici della Fed. Al contrario del 2008, la crisi non nasce da paralisi del sistema finanziario e del credito. La liquidità anzi abbonda, con le aziende americane sedute su forzieri ricolmi di duemila miliardi di dollari. L'economia soffre piuttosto d'una spirale fatta di 'deficit' di crescita e di sfiducia degli operatori economici e finanziari nella capacità delle autorità di rilanciare l'espansione. Il clima di nervosismo è stato alimentato dal taglio del rating americano deciso da parte di S&P. L'agenzia di valutazione del credito ha definito inadeguati i piani di risanamento di Washington e le ha tolto, per la prima volta nella storia, il voto massimo di Tripla A. Successivamente ha tagliato i rating di enti e finanziarie esposte al Governo federale, anche se ha indicato che il declassamento potrebbe non intaccare il debito di stati e enti locali.

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