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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2011 alle ore 08:26.

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È un giallo che si inserisce nella intricata vicenda dei debiti sovrani europei e della tormentata risoluzione della crisi greca. Il presidente dell'Eurogruppo, il navigato e solitamente prudente Jean-Claude Juncker, ha prima ipotizzato per i creditori della Grecia svalutazioni superiori al 60 percento, poi ha negato. A correggere precipitosamente il tiro è stato un portavoce del Governo del Lussemburgo, Guy Schuller, che ha spiegato come siano state male interpretate le dichiarazioni di Juncker rilasciate in un'intervista alla televisione austriaca. Il presidente dell'Eurogruppo, forse di malumore per essere stato messo in ombra da Parigi e Berlino rispetto al presidente Van Rompuy, ha spiegato il suo portavoce, intendeva dire che le svalutazioni potrebbero superare il 21%, un fatto ormai dato per scontato dalla maggioranza degli analisti e dei governi. Se Atene non riesce a rispettare i vincoli di bilancio a causa delle recessione peggiore delle stime (-5,5% nel 2011 rispetto al -3,5, e -2,5% nel 2012 rispetto a 0,6%) è evidente che si debbano aumentare gli aiuti, e se gli Stati sono restii ad accrescere la loro quota non resta che aumentare quella 'volontaria' dei privati alla ristrutturazione pilotata.

La troika - Commissione europea, Bce e Fmi - intanto ha terminato ad Atene la verifica e ha rilasciato il documento finale. La sesta tranche di aiuti internazionali alla Grecia, pari a 8 miliardi di euro, «sarà disponibile all'inizio di novembre», una volta approvata dall'Eurogruppo e dal Fmi. Ma ci sono altre novità nella ricca nota conclusiva. Il Governo socialista di Papandreou sembra essersi piegato almeno in parte alle pressioni dei tecnici di Ue e Fmi sui contratti di lavoro collettivi nel settore privato. Atene ha infatti «deciso di sospendere» la loro applicazione automatica a livello di singole imprese, secondo quanto rilevano i tecnici della troika nel comunicato in cui danno via libera al versamento di una nuova tranche di aiuti.

Questa sospensione «è un grande passo in avanti - scrive la troika nel comunicato - dato che aiuterà ad assicurare la flessibilità necessaria nel mercato del lavoro per sostenere la crescita economica e evitare che si radichi la disoccupazione di lungo termine». Prosegue cioè la svalutazione dei salari visto che quella monetaria non è possibile fin quando Atene resta nell'euro.

La scorsa settimana indiscrezioni di stampa avevano riferito che la questione era stata fonte di forte attriti tra la troika e il Governo greco, che aveva respinto la richiesta di abolire i livelli di salari minimi. Il premier Papandreou aveva detto che «la Grecia non voleva diventare come l'India» e ovviamente la vicenda aveva anche rafforzato le proteste sociali interne.

La troika ha però preso atto anche delle difficoltà di Atene. «Il governo greco ha ottenuto una riduzione importante del deficit dall'inizio del programma, nonostante una profonda recessione. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi fiscali per il 2011 non é più a portata di mano, anche a causa di un ulteriore calo del Pil». Per quanto riguarda però il 2012, la missione ritiene che «le misure aggiuntive annunciate dal governo dovrebbero essere sufficienti a portare il programma di bilancio sul binario giusto e a garantire che l'obiettivo di disavanzo pari a 14,9 miliardi venga raggiunti. guardando al 2013-14, misure aggiuntive potrebbero essere necessarie per raggiungere gli obiettivi del programma».

«Il successo del programma (di austerity del governo greco) continua a dipendere sulla capacità di mobilitare un adeguato finanziamento dal settore privato (Psi) e da quello statale», ha precisato la troika nel comunicato. «Le discussioni in corso riguardo al Psi insieme con le garanzie fornite dai leader europei al loro vertice del 21 luglio scorso suggeriscono che il programma sarà finanziato in pieno». Peccato che gli scenari siano già cambiati.

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