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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 13:58.
Udienza che suona come un ultimatum ai vertici del San Raffaele. Entro le 19 di questa sera i rappresentanti della Fondazione monte Tabor dovranno presentare al presidente della seconda sezione del Tribunale di Milano, Filippo Lamanna, alcuni documenti integrativi per rispondere ad alcuni punti che lasciano perplessi in ordine alla richiesta di concordato preventivo.
Tra i documenti chiesti da Lamanna, c'è la richiesta di uno specchietto riassuntivo di una pagina che esprima in estrema sintesi i fabbisogni finanziari della fondazione.
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Questo per arrivare a sciogliere alcune discrasie riscontrate tra le cifre contenute nella richiesta di concordato preventivo e quelle presenti nella relazione degli attestatori del piano stesso. In particolare la richiesta di concordato arriverebbe alle medesime conclusioni degli asseveratori partendo da cifre diverse.
In altre parole i due documenti non si parlano. In dettaglio le cifre che non tornano sono quelle relative alle risorse che si libererebbero con il piano. Secondo gli attestatori sono a quota 502 milioni di euro, mentre nella domanda risultano essere a quota 473.
Dubbi anche sui crediti in pre-deduzione che secondo i periti sarebbero a quota 73 milioni mentre nella domanda sono a 31 milioni. Un ulteriore rebus riguarda poi la dichiarazione degli attestatori hanno preliminarmente chiarito di essersi rifatti alla precedente relazione della Deloitte, che però chiariva di non essere stata in grado di eseguire una completa ricognizione dei conti dell'ente. In altre parole sembra che nessuno sia stato in grado di esaminare a fondo e con completezza in conti della Fondazione monte Tabor.
Il pm Luigi Orsi, che ha presentato una memoria integrativa ribadendo la richiesta al tribunale di dichiarazione d insolvenza, avrà tempo sino alle dieci di domani per esaminare le repliche degli advisor della Fondazione monte Tabor, dopodiché l'appuntamento sarà nuovamente alla fallimentare dove Lamanna potrebbe già sciogliere la riserva ed esprimersi già nella giornata di domani.
Nel frattempo i due consiglieri dimissionari Massimo Clementi e Maurizio Pini hanno presentato al tribunale una dichiarazione nella quale si chiariscono meglio le ragioni delle rispettive dimissioni. Di fatto sarebbero stati emarginati dai lavori del CEA e avrebbero ricevuto una bozza del documento presentato oggi in tribunale soltanto alle 11.55 di venerdì scorso.
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