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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2011 alle ore 10:31.

L'asticella è stata finalmente posta e anche l'orizzonte temporale è definito. L'Europa chiede alle banche di portare il «Core Tier 1», il requisito patrimoniale di base, al 9 per cento e chiede di farlo entro il giugno dell'anno prossimo. In tarda serata l'Eba, l'Autorità bancaria europea, ha diramato un comunicato in cui determina l'ammontare complessivo dello sforzo chiesto alle banche: in totale il sistema del credito europeo dovrà dotarsi di mezzi freschi per 106 miliardi di euro, una cifra in linea con le stime che circolavano da diversi giorni. Lo sforzo maggiore viene chiesto alle banche greche, chiamate a ricapitalizzarsi per 30 miliardi di euro; subito dopo vengono le banche spagnole, che dovranno varare misure aggiuntive per oltre 26 miliardi. E l'Italia? I nostri istituti, stando al documento pubblicato dall'Authority europea, avranno bisogno di ricapitalizzazioni per 14,7 miliardi. Un dato che certo non farà piacere ai big nostrani: pesa la richiesta dell'Unione europea di tener conto delle esposizioni al debito sovrano dei Paesi periferici al 30 settembre 2011, il che vuol dire in estrema sintesi che i bond greci, irlandesi, portoghesi, italiani e spagnoli in pancia alle banche andranno valutati ai prezzi di mercato e non a quelli di acquisto. Si chiama mark to market e comporta delle perdite in capo soprattutto agli istituti greci, ma, lo abbiamo visto, anche italiani e spagnoli.

Italiane penalizzate
Il prezzo dell'adeguamento sarà così pagato di più dalle banche dell'Europa meridionale che non da quelle tedesche e francesi. Già, perché è vero che Deutsche Bank ha qualche bond greco in portafoglio, ma per il resto ha molti Bund tedeschi e Oat francesi. E quindi il sacrificio in termini relativi sarà assai modesto: secondo l'Eba i big tedeschi avranno bisogno di 5 miliardi di nuovo capitale, mentre Parigi dovrà raccogliere poco meno di 9 miliardi.

L'Eba non ha fornito in dettaglio quanto ciascuna banca dovrà raccogliere, limitandosi a un dato aggregato per Paese: l'Authority guidata dall'italiano Andrea Enria ha annunciato che i dati definitivi saranno comunicati nel corso del mese di novembre alla luce dei bilanci delle banche al 30 settembre. Gli istituti saranno poi chiamati a illustrare alle autorità nazionali i loro piani per centrare entro la fine del 2011 i target indicati.

Si salva chi ha i titoli tossici
E così il piano salva-banche finisce per colpire esclusivamente i detentori di titoli pubblici periferici. Nulla sulla rischiosità intrinseca delle banche d'affari del Nord Europa che non hanno ovviamente l'esposizione domestica sui titoli Piigs, ma hanno i portafogli gonfi di titoli senza rating, di vecchi subprime ancora in circolazione e fanno trading spinto su ogni genere di asset finanziario. SocGen, solo per fare un esempio, ha 28 miliardi di titoli tossici, un attivo a rischio di 343 miliardi su un bilancio di 1.150 miliardi. Lo stesso attivo a rischio dell'italiana Intesa che ha però un bilancio di soli 644 miliardi. Possibile che una banca che è la metà dell'altra come dimensioni e attività e non ha i volumi di banca d'investimento di SocGen sia ritenuta dai regolatori di Basilea più rischiosa? Un vero paradosso. (C.Gia. e Fa.P.)

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