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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2011 alle ore 09:38.

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di Andrea Malan
La fusione tra Fiat e Chrysler? «Abbiamo tempo per studiarla, ma arriverà entro il 2014». Chrysler in Borsa? «Non è il momento, le condizioni attuali dei mercati non lo permetterebbero. Prima di considerare un'operazione del genere dobbiamo vedere stabilità».

Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat spa e presidente della Chrysler, ha confermato – nella conference call con gli analisti sui risultati del 3° trimestre 2011 – che l'operazione di accorpamento delle categorie di azioni annunciata giovedì sera è stata fatta «in preparazione della possibile fusione con l'azienda Usa». Sul quando e sul come, e sulla futura sede del gruppo, Marchionne ha risposto che «non ci sono soluzioni predefinite». In quella che ha definito «un'azienda globale in divenire», le decisioni sulla struttura del gruppo verranno prese tenendo conto di due obiettivi: la necessità del fondo Veba (gestito dal sindacato Uaw) di monetizzare la sua quota in Chrysler e l'esigenza della società di avere accesso a un mercato dei capitali efficiente. Sul primo punto, Marchionne ha escluso che Fiat possa acquistare la quota Veba pagando in contanti: «Metterebbe a rischio il nostro rating».

Il manager ha disegnato per Fiat-Chrysler uno scenario evolutivo in cui la parte europea del gruppo ha perso peso e ne perderà sempre più, viste le prospettive dei mercati. Il manager italo-canadese ha ricordato che il Vecchio continente «pesa ormai per meno di un terzo dei ricavi» e ha detto che le maggiori prospettive di crescita sono negli Stati Uniti «grazie alla forza del nostro business» e in Asia, dove «la nostra posizione è insufficiente» ma «investiremo per rafforzarla».

Il peso di Chrysler è cresciuto non solo dal punto di vista dei ricavi: due terzi dell'utile operativo sono arrivati nel 3° trimestre da Auburn Hills. «Un trimestre splendido per Chrysler, i numeri si commentano da sé» ha detto Marchionne. Quanto al resto di Fiat, senza il contributo dell'azienda americana Fiat spa avrebbe chiuso il trimestre con una perdita netta di 210 milioni di euro. «Ma i conti sarebbero stati in sostanziale pareggio – ha spiegato il direttore finanziario Richard Palmer – senza l'impatto negativo delle minusvalenze sui contratti di copertura delle stock option».

I debiti netti in crescita a 5,8 miliardi? Marchionne e Palmer non sono preoccupati. Confermato l'obiettivo di farlo scendere a 5-5,5 miliardi per fine anno: già nel 4° trimestre la gestione dovrebbe tornare a generare cassa, sia pure di poco. Il numero uno del gruppo ha detto che Fiat «ha raccolto fondi nei mesi scorsi in previsione di uno scompiglio sui mercati finanziari». L'ultima operazione è la linea di credito da 1,95 miliardi di euro chiusa a ottobre. «Abbiamo liquidità a sufficienza, ma continueremo a monitorare il mercato». Il dividendo «lo pagheremo sicuramente, ma è impossibile dare ora il suo ammontare. Tenete conto che il cash di Chrysler deve essere protetto». È dunque difficile pagare cedole cospicue agli azionisti italiani nel momento in cui è l'azienda Usa a fare il grosso dei profitti.

Nel 2012 Chrysler potrà disporre della piccola Dodge su piattaforma di derivazione Fiat (che, ha confermato ieri Marchionne, permetterà al Lingotto di portare al 58,5% la quota entro fine anno); Fiat lancerà a febbraio la nuova Panda, con l'obiettivo di venderne 230mila l'anno (compresa la vecchia versione). I lanci di nuovi prodotti in Europa (arriverà anche il monovolume made in Serbia) «contribuiranno ad attenuare l'impatto del mercato in calo». Certo, se poi la congiuntura dovesse peggiorare ancora c'è l'ultima arma – quella del taglio dei costi. Ma per ora «non c'è motivo di cambiare le stime». Certo, serve «mantenere il più alto livello di flessibilità degli impianti»; una flessibilità che trova ostacolo, dice Marchionne, in quella che definisce «una piccola minoranza» sindacale. Lo stesso Marchionne elogia la Uaw per la «professionalità» nella gestione del recente contratto di lavoro, e apre all'eliminazione in Chrysler dei doppi livelli salariali che attualmente penalizzano gli assunti dopo il 2009. «Non è una struttura gestibile nel lungo periodo».

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