L'aumento di capitale da 800 milioni della Banca Popolare di Milano, conclusosi oggi, è stato sottoscritto all'81,7%. Al termine del periodo di offerta compreso tra il 31 ottobre e il 18 novembre, gli azionisti e i portatori del prestito convertendo hanno infatti esercitato diritti di opzione per un numero complessivo di 2.176.963.202 azioni, per un controvalore di 653 milioni.

I diritti inoptati riguardanti le residue 487.773.512 azioni, pari al 18,3% del totale, per un controvalore di 146,3 milioni saranno offerti in borsa la settimana prossima.

«Il buon esito dell'aumento di capitale - ricorda Bpm in un comunicato - è comunque garantito» dal consorzio di garanzia guidato da Mediobanca e composto da Barclays Bank, BNP Paribas, Nomura International, Banco Santander, Societè Generale, The Royal Bank of Scotland e ING Bank «che si sono impegnati, disgiuntamente tra loro e senza vincolo di solidarietà, a sottoscrivere, a condizioni e termini usuali per tale tipologia di operazioni, le azioni rimaste eventualmente inoptate al termine dell`offerta in borsa».

All'asta dei diritti inoptati, l'azionista e attuale presidente del Consiglio di gestione di della banca, Andrea Bonomi di Investindustrial, oggi al 6,63%, investirà probabilmente altri 35 milioni per raggiungere il 9,9% del capitale, soglia che ha più volte dichiarato di essere disponibile a raggiungere.

Oggi a Piazza Affari il titolo Bpm, caduto di un ulteriore 7%, è sceso sotto gli 0,30 euro per azione (quotava 1,024 euro il gennaio, al top dell'anno; oggi ha rinnovato il minimo storico; un crollo del 71%) fissati per l'aumento di capitale: ha ceduto infatti il 6,95% a 0,28 euro. Gli scambi, da capogiro come sempre nelle ultime sedute, hanno coinvolto poco meno del 40% (il 37,3%) del capitale sociale dell'istituto pre-ricapitalizzazione, volumi pari a quasi 5 volte la media giornaliera dell'ultimo mese.

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