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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2011 alle ore 08:12.
Le imprese italiane nel 2012 dovranno rimborsare prestiti bancari per 26,9 miliardi di euro e obbligazioni per 9,4 miliardi. Questi numeri, seppur limitati ai grandi finanziamenti e non alla miriade di prestiti erogati alle piccole imprese, danno l'idea della vera sfida che il made in Italy avrà nel 2012: rifinanziare molti debiti, evitando default di massa. Qualche anno fa non ci sarebbero stati problemi. Ma oggi il mondo è cambiato: le banche sono costrette a chiudere il rubinetto del credito, mentre il mercato obbligazionario per chi ha il passaporto italiano è di difficile accesso. Morale: le imprese vanno in affanno.
Ecco cosa significa vivere in un Paese costretto a pagare, sui titoli di Stato, interessi 5 punti percentuali più elevati rispetto a quelli della Germania: significa che anche imprese e famiglie sono a loro volta costrette a finanziarsi a tassi elevati oppure a non finanziarsi del tutto. Significa bloccare il motore dello sviluppo, stroncare la competitività. È per questo che il sistema-Italia deve trovare canali alternativi di finanziamento per le imprese.
Le banche - secondo quanto risulta al «Sole 24 Ore» - li stanno già proponendo ai clienti: dai private placement americani agli Schuldschein tedeschi, dai bond di 'distretto' ai cosiddetti project bond. Fino alle operazioni di riacquisto di debito e di allungamento delle scadenze.
Alcune banche stanno anche preparando un'attività di pressione nei confronti del Governo, per chiedere di eliminare gli handicap fiscali che gravano sulle imprese italiane quando cercano di emettere obbligazioni. Ormai viviamo nella savana: nel 2011 si sono seccate le fonti tradizionali, nel 2012 bisognerà cercarne di nuove.
Il «club» del mercato
Le imprese italiane più grandi, quelle con un nome 'spendibile' all'estero, sono ancora in grado di sfidare il mercato obbligazionario. Già l'hanno fatto nel 2011: le aziende con un rating cosiddetto di 'investimento' (sopra la 'BBB-') hanno infatti raccolto quest'anno più di 10 miliardi di euro in totale. E continueranno nel 2012. «L'anno prossimo - assicura Gabriele Vianello, capo Debt Capital Market per l'Italia di Bnp Paribas-Bnl - tutti i grandi emittenti obbligazionari italiani andranno sul mercato con operazioni pubbliche. A causa poi del combinato disposto tra credit crunch e l'anticipazione dei criteri di Basilea 3, nel 2012 andranno sul mercato anche imprese che non l'avevano mai fatto prima». Il problema è che questa resta una strada percorribile facilmente solo dalle aziende quotate in Borsa: tutte le altre, per un'anomalia italiana, subiscono infatti una legislazione svantaggiosa dal punto di vista fiscale quando emettono obbligazioni.
I bond privati
Stesso discorso per un'altra fonte di finanziamento: quella dei 'piazzamenti privati' negli Usa. Si tratta di obbligazioni emesse ad hoc dalle imprese e acquistate da poche selezionate assicurazioni Usa: nel 2012 hanno seguito questa strada Barilla, Piaggio e Luxottica. E presto - spiegano alcuni addetti ai lavori - almeno due o tre imprese italiane dovrebbero fare lo stesso. Simile è il mercato degli Schuldschein: obbligazioni emesse privatamente per le assicurazioni tedesche. Anche il mercato degli Schuldschein resta però un club per pochissimi eletti: «Può accedere solo un'azienda che ha attività in Germania - osserva Luca Falco di Ubm -, per cui questo resta un canale di finanziamento molto limitato». Insomma: queste sono alternative, ma solo per poche mosche bianche.
I nuovi bond di «distretto»
Le banche italiane stanno però studiando altre strade, accessibili anche alle aziende di piccole dimensioni. Diversi istituti, non solo nazionali, stanno per esempio cercando di rispolverare il vecchio concetto dei «bond di distretto»: mettere insieme un gruppo di piccole imprese, in modo da permettere loro di raggiungere una massa sufficiente per lanciare un prestito obbligazionario collettivo. Questa strada era stata percorsa anni fa, ma poi era miseramente caduta nel dimenticatoio. Ora varie banche stanno cercando di rispolverarla, adattandola ai tempi moderni.
L'idea allo studio, oggi, è semplice. Una banca prima finanzia un gruppo di piccole aziende, poi prende questi finanziamenti e li usa per garantire un bond che lei stessa emette. Si tratta di un 'covered bond': emesso dalla banca e garantito anche dai crediti alle piccole imprese. Dopo avere emesso questo titolo (che avrà almeno il rating della banca), l'istituto può consegnarlo alla Bce per ottenere finanziamenti. Questo meccanismo permetterebbe di prendere i proverbiali due piccioni: le piccole imprese troverebbero finanziamenti, le banche 'creerebbero' titoli da dare in garanzia alla Bce. In tanti ci stanno lavorando. Sono già in corso anche i contatti con alcune sedi locali della Confindustria.
I project bond
C'è poi un'altra idea: quella dei project bond. Cioè di obbligazioni che vengono emesse per finanziare un'unica grossa opera infrastrutturale. Per esempio un ponte. Le banche stanno vagliando anche questa strada. «Servono alcune facilitazioni tecnico-legali per permettere l'emissione dei bond ‐ osserva un banchiere ‐. Per questo alcune banche stanno predisponendo un documento da sottoporre all'attenzione del ministro Corrado Passera». L'obiettivo, insomma, è di rendere possibile (e agevole) la vendita di obbligazioni 'a progetto'. Le opzioni, insomma, sono tante. Basta che l'Italia sappia coglierle.
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